Scritto sui banchi

16 novembre 2005

Scuole devastate: un po' trendy, un po' banlieu

Stamattina hanno lanciato delle fialette puzzolenti in un’ala dell’edificio. I miasmi dei corridoi hanno sospinto alunni e prof al centro del cortile. Tutti insieme, un paio d’ore nel buco nero della scuola, prima di essere dispersi dalla pioggia. Un paio d’ore ad accumulare domande, musi lunghi, mi fai accendere?, non entriamo se prima non vengono quelli della Asl, sguardi di intesa e lieve euforia per una mattinata persa.
Puzzano. Bruciano. Si allagano. Vengono devastate e deturpate. Tante, troppe scuole. Cadenzando la cronaca di questi giorni.
Perché succede? E’ trendy, mi ha risposto un ragazzo. Trendy, già. Appena incomincia a trovarsi sotto i riflettori, la periferia diventa subito trendy. Alla moda. Ci si immerge così nel flusso dei discorsi del mondo. Si guadagna visibilità per avvistamenti, approssimazioni e imitazioni.
Scuole banlieu. In cui si ingolfano i malumori di tanti adolescenti. Sino a quando qualcosa comincia a bruciare. Riconosci subito l’odore. Avresti dovuto capirlo. Che qualcosa non andava. Che veniva da più lontano. Forse non ti sei accorta della spia dell’acqua o dell’olio. E hai continuato a guidare. Lungo l’autostrada della vita quotidiana. A fare da sponda: campanella 8.10, campanella 13.40.
E’ trendy. Interessante come risposta. Solo che non ci credo. E’ trendy me lo ha detto per fare in fretta, rovistando confusamente tra le frasi di circostanza da dire ad una prof e gli amici che chiamano per organizzare la mattinata. Assemblea straordinaria e poi passeggiata all'ipermercato.
E’ trendy. E i discorsi precipitano in un aggettivo modaiolo e inconsistente. Le parole non tengono il malessere che serpeggia da tempo. Scuole banlieu senza un centro da attaccare. Senza un centro che sia trendy. Qual è il bersaglio oggi? Il prof che si ostina a spiegare nonostante i disagi? Il prof che ha guadagnato un’ora di libertà e ne approfitta per fare la spesa al supermercato? I libri? I quaderni? I registri? Tutta la carta su cui viene spalmato quel sapere vacuo che vi allontana dalla vita il tempo di una mattina? E’ questo che volete bruciare, allagare, rendere maleodorante per sempre?
Non esiste la periferia, spiegano gli esperti in questi giorni. Esistono "le periferie". Ciascuna con una propria identità e una propria ragione per bruciare. Così come, forse, non esiste la scuola ma ci sono tante scuole. Ciascuna con una storia dentro. Scuole ribollenti e scuole represse. Scuole in cui trovi gli estintori ad ogni angolo e scuole in cui persino le scale antincendio sono state dichiarate pericolanti.
Tutte: scuole banlieu. Alla periferia della politica. Dell’interesse dei media. Della cura delle amministrazioni locali. Alla periferia della vita. Persino alla periferia della vita degli studenti.

1 Comments:

  • la scuola è fatta di tante cose, roberto: di persone, di aule piene di freddo, di banchi ricoperti di scritte, di porte che si aprono e che si chiudono in un imprevedibile disordine. "Può uscire acerbo, professorè?". Quante volte ho già sentito questa frase dall'inizio dell'anno scolastico? In genere dico di no e preferisco siano gli altri, se proprio devono, ad entrare. La scuola è fatta di tanti alunni, di quelli che usano il proprio charme per organizzare assemblee e manifestazioni, quelli che inciarmano appunto, e quelli che si disinteressano di tutto, quelli che entrano in classe a passo di danza (accade anche questo, a volte) e quelli che non si alzano mai dal banco. Mi piace pensare che ci sono alunni desiderosi di una scuola migliore. Tanti o pochi, non importa. Mon molto. Migliore come però? com'è la scuola che gli alunni vogliono? com'è fatta? e dove e quando si può raccontare la propria idea di scuola migliore?

    Da Blogger Marilena Lucente, alle 25 novembre, 2005 22:21  

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