Scritto sui banchi

31 maggio 2007

ragazze che dovresti conoscere


Spunta all’improvviso, tra la cascata di riccioli neri. Una Hello Kitty panciuta orecchiuta e infiocchettata. Con il viso da gattina bianco bianco e un dettaglio colorato. Dal fermaglio posato sui capelli scende una cascatella di perline colorare, trine e rasi attorcigliati. E poi sui vestiti, sugli anelli, sulle collane. Hello Kitty for ever. E for where. Non sono sicura si dica così. Ma il senso è che non c’è mia alunna, nipotina, vicina di casa, commessa di profumeria che non abbia un hello kitty penzolante da qualche parte. Telefonino, borsa, gioielli, penne. Tutto può essere un porta-gattina. Il meglio sono quegli orecchini – i cerchi gitani appena ritornati di moda– a cui è appeso un micro mondo merceologico che varia a seconda delle personalizzazioni. Cioè: il cerchio si apre e ciascuna può infilarci: graffette matitine, nastrini, pennacchi, hello kitty ancora.
Insomma vere e proprie mostrine della tenerezza che le ragazze si appuntano dovunque. Penzoloni di dolcezza, romanticherie, infanzia mai perduta, gioco e voglia di giocare: a fare le bambine.
Come da bambini si gioca a fare i grandi (meglio di no, lasciate stare. Di questi tempi è preferibile che siano i grandi a giocare ai bambini).
Hello Kitty è la gattina plasticosa e che fa suo del corpo di chi la indossa il suo territorio. E ovunque lo colora di rosa, lo riempie di strass e di perle. Perché lei non sa decidere se giocare a fare la grande o la piccolina. Vive di incertezze anagrafiche. Trova perciò anche il tempo di fare le fusa ai ragazzi, a quelli che non hanno paura di tirar fuori il femminile. E indossano delle cinture di cuoio con una splendida fibbia rosa con la gatta smaltata al centro. Mi dicono costi un botto. Già, perché essendo una piccola febbre modaiola, e per attecchire così profondamente, è necessario che la mania sia bella e possibilmente costosa. Così insieme alla scarpetta per orecchino e alla borsetta per collanina (sempre nella linea della bianca gatta) si sfoggia la libera(li)tà di spendere venticinque euro per “un poco di metallo fetente”, come ho sentito dire da un padre ad una figlia in un negozio in centro.
“Eh, ma voi non ci crederete!” dice la titolare, quasi offesa dal commento paterno e a difesa della contrita ragazzina, “qui, davanti a me due amiche si sono prese a mazzate per una collanina di hello kitty da centoventi euro!”. “Davvero?” chiedo intrufolandomi prontamente nel discorso. “certo, due mie amiche di quaranta anni e passa. Hanno litigato qui, davanti a me”. Quanto avrei voluto esserci. Studiarmele per bene queste donne che salgono sul ring della competizione per avere una gattina come trofeo. Anche loro incerte anagraficamente. Kidadult si chiamano in codice marketing. Consumatori adulti, che possono spendere da adulti e si comportano come ragazzini. Mettono finanche gli accessori dei loro figli. Però, mi spiace per il negozio, ma qui siamo in Campania e di hello kitty appezzottate se ne trovano in ogni angolo di strada. Dagli spacci del kitch “tutto a 0.50” alle bancarelle per strada. Hello kitty dovunque. Che non è più sola. Da qualche settimana è insieme ad una altra eroina cartoon. Piccola, con i capelli neri e il vestito rosso o nero. Betty Boop. Anche lei ammicca, gattineggia, seduce con i due occhioni spalancati e la giarrettiera sulla gamba sinistra. E’ stato il primo personaggio femminile di rilievo nel mondo dell’animazione. 1931. La disegna Max Fleischer ed è costretto più di una volta a difenderla dalla censura. Lei, l’interprete della sensualità mai vista prima, torna di moda adesso. Insieme alla gattina giapponese! Si guardano da una vetrina all’altra, tintinnano da un braccialetto all’altro, e si parlano attraverso i tricks dei cellulari . Tutto un tintinnio di tenerezza e seduzione. E in attesa di decidere da che parte stare si continua a comprare. Kidadult vuol dire anche questo: giovani, giovanissimi adulti ma vecchi e consolidati consumatori.

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