qualcosa da riparare
Dopo un'ora sono entrati quasi tutti. abbiamo ripreso a fare lezione, senza fermarci un momento a pensare...
Un best seller di qualche anno fa raccontava di una scuola malata, scuola sull’orlo della catastrofe, inutile, saccente e presuntuosa. Tutta progetti e niente contenuti, mille attività e zero impegno. Una macchina per somari.
Tale intensa e ininterrotta attività produttiva, nelle pagine di questo testo, è incominciata proprio con l’abolizione degli esami di riparazione ad opera del Ministro dell’Istruzione D’Onofrio. Un breve passaggio governativo, il suo, ma foriero di gravi conseguenze. Perché i debiti, le insufficienze nascoste sotto i sei, dovevano essere colmati con corsi di recupero offerti dalla scuola, e dunque non più a carico delle famiglie, che avevano modo di godere, finalmente delle meritate vacanze. Fin qui il passato. (E il riferimento al libro che è La scuola spiegata al mio cane).
Quanti sono stati i debiti prodotti dagli studenti in questa decina d’anni? Migliaia, forse centinaia di migliaia. Si potrebbero riempire stive di navi, depositi bagagli degli aeroporti, fare concorrenza ai depositi merci dei cinesi. Ci sono scuole in cui l’ottanta per cento degli studenti viene promosso con debito, da uno o quattro. Quattro è bocciatura, come a dire: “hai esagerato”, ma se il Consiglio dei professori sa perorare la giusta causa per cui uno studente ha vissuto solo un anno di sbandamento, ecco, la promozione pezzotta può comunque arrivare.
Quanti sono gli studenti che poi hanno saldato il conto con le carenze in una due tre o quattro discipline? Non si sa, o meglio ci sono le schede consegnate da noi prof, i registri per chi vuole fare i corsi di recupero, i verbali che raccontano in maniera striminzita l’evoluzione della vicenda – non ha recuperato, ha parzialmente recuperato, non ha recuperato – ma quello che è accaduto veramente, come si fa a saperlo? Lo si scopre dopo, quando i docenti universitari vanno in tv a dire che fanno lezioni di grammatica ai piccoli scrivani che abbiamo licenziato, quando si tocca con mano l’analfabetismo dilagante e non ci vergogniamo più dell’ignoranza galoppante.
Che fare? Di certo non possiamo restare nella bieca rassegnazione e insoddisfazione e, in attesa di tempi migliori, il nuovo ministro ha recuperato dal cilindro pedagogico i vecchi esami di riparazione.
Quasi tutti i prof sono stati contenti, perchè la frustrazione aveva raggiunto oramai livelli di guardia, e almeno questo è uno strumento per indurre gli studenti ad impegnarsi. Un piccolo spauracchio, non è molto, ma è già qualcosa.
Adesso sono loro che non ci stanno. Gli alunni non vogliono essere vittime di una sola disciplina, o peggio ancora di un docente ricattatore e assetato di potere. Infatti, hanno scaldato i motori della manifestazione con un po’ (un bel po’) di video che mostrano docenti indecenti: mangiatori di panini, produttori di sbadigli, macchine di errori, sfigati d’alto bordo e le solite prof avvenenti e pruriginose. Grazie, ovviamente, ai soliti telefonini machete con cui distruggeranno la scuola (o quel che resta, a questo punto).
Va bene il ritorno agli esami di riparazione, ai corsi di recupero, che non si sa ancora come realizzare, ma c’è un particolare da considerare: ad essere cambiato è soprattutto il modo di affrontare gli insuccessi, le insoddisfazioni, le carenze e le mancanze: questi menano. Sempre più frequentemente la fragilità si trasforma in aggressività e violenza. Dimenticando questo aspetto, ignorando la dimensione emotiva dello studio, la qualità sempre più impegnativa della relazione tra docenti e studenti, tra famiglie, insegnanti e ragazzi, rischiamo di trovarci scuole sempre più allagate, rotte, sprangate. Con tanti debiti da pagare. E recuperi davvero impossibili da realizzare. Dunque ancora: una scuola inutile, saccente e presuntuosa.
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