Scritto sui banchi

21 dicembre 2007

è natale anche qui


Gocce di luce che sembrano scendere dal cielo di una notte stellata, strascichi di cometa che si congiungono e si inseguono per la via, e poi archi che si restringono, girandole che si allargano, rami di alberi che si spingono in alto e con le rosse lampadine sfiorano il buio. A dicembre viene voglia di camminare tutto il tempo con il naso all’in su. Non importa se si gela (il naso), quello che conta è l’incanto delle lucine, dei colori, dei riflessi cangianti. E’ Natale.
Ma di andare con il naso all’in su qui, questo Natale, no, non si può. Si rischia di inciampare, di cadere, di finire spiaccicati al suolo. Ed è vero che i sacchetti della spazzatura sono morbidi, però mica tutti. Ci sono anche ferri appuntiti, vasi sbreccati, rimasugli di serie luminose natalizie. Quelle che non funzionavano, che non sono finite verso il cielo, dove potevano andare se non nella spazzatura? Per terra, appunto.
Altro che naso all’in su. Molti camminano con la sciarpa intorno al viso, per proteggersi dal cattivo odore, con i pacchetti che penzolano dal braccio, dondolanti felici verso le feste. Altri camminano con il capo cosparso di cenere, perché si vergognano, di festeggiare un Natale così, vedono una confezione di cotechino in salumeria e immaginano già cosa ne sarà, saprebbero riconoscerla tra mille, in uno dei tanti cumuli di spazzatura, anche alla luce intermittente e colorata delle lampadine di Natale.
I cumuli intorno ai cassonetti sembrano gonfiarsi, minuto dopo minuto, comparire di qua e di là come tanti bubboni sul viso. Invece si allargano sotto i piedi, come in un film di paura.
Forse bisognava restare al buio, approfittare dei contorni cancellati dalle lunghe notti di dicembre e restare un po’ a pensare, capire, cercare di capire. Oppure, al contrario, bisognava illuminare la città a giorno, e di nuovo pensare, capire, cercare di capire. Anche questo è Natale.
Nella maggior parte delle scuole questa festa è la più bella dell’anno. Soprattutto nelle scuole materne ed elementari. Con una scusa o con l’altra ci sono stata almeno in paio di volte questa settimana. Per guardare il pupazzetto di neve (ma è ovatta!) attaccato alle finestre, per rubare un po’ di porporina dai banchi e tenerla tutto il giorno tra le dita ( tanto non se ne va mai..), per sentire l’odore di vinavil che scende dai tubetti, per vedere il passo incerto del bambino sotto il peso del vaso di stelle di natale da portare alle maestre. E penso che tutti quanti ci sentiamo come lui, come quel bambino, con le foglie della pianta che ci sfiorano il naso, ci coprono la vista, un po’ barcolliamo, un po’ andiamo. Verso un bigliettino d’auguri, verso una poesia di cui non ricordiamo le rime, verso una festa che non sappiamo bene cos’è ma immaginiamo che ci aspetta, da qualche parte. Facciamo attenzione a dove mettiamo i piedi, potremmo inciampare. D’altronde quelle lucine sono inutili, non ci aiutano a vedere. Però vogliamo sperare, vogliamo trovare un punto, un posto in cui la strada finisce e finalmente possiamo posare anche la nostra stella di Natale.

14 dicembre 2007

il piacere di andare, di leggere e di fare fotografie

Adesso si chiamano viaggi di istruzione, oppure visite guidate. Però: sempre gite sono! Quando li si incontra per strada, al solito, sembrano tutti uguali: la prof che richiama e reclama attenzione, i tre quattro che si imboscano, il ragazzino sempre solo che ti ricorda i tuoi momenti peggiori, le macchine fotografiche che luccicano e dondolano, gli zainetti pieni di roba. Studenti in gita. A guardarli meglio, immagini facilmente quello che c’è dietro: il cellulare sotto il cuscino per sentire la sveglia dell’amica, la corsa scalmanata per prendere i posti di dietro, gli appelli, i richiami dell’autista, le canzoni sentite a metà, dividendo le cuffiette dell’mp3, l’autorizzazione consegnata in ritardo. Le foto, le foto, le foto.
Giovedì sono stata in gita con i miei alunni a Roma. Accidenti che bottino!
Un gruppo ha incontrato Fioroni e gli si è fatto incontro: “Grazie, grazie, Ministro per quello che avete fatto per noi!”. Lui sorride compiaciuto. “Ma non potevate aspettare un altro anno per fare le riforme? proprio adesso che al terzo sono arrivato io”. Lui sorride dubbioso. “Facciamo una foro?”. E si mettono uno accanto all’altro, con gli occhiali a specchio, il gel tra i capelli, i giubbini imbottiti che schiacciano Fioroni, al centro con un sorriso professionale.
Nel pomeriggio, dopo il McDonald di rito, la fiera dell’editoria. Non è che fosse in cima ai loro pensieri, ai loro desideri, ma va bene lo stesso, l’importante è stare insieme.
L’interno del palazzo dell’Eur è praticamente scomparso, sommerso di stand e di libri. Si fa incetta di gadget: cataloghi, segnalibri e poster. E finalmente si raggiunge la sala delle conferenze. Corrado Augias racconta del piacere della lettura. Insieme a lui altri scrittori, studiosi, rappresentanti del Ministero. “Leggere, dice Augias, è un atto innaturale, richiede pazienza, come il wischy, la sigaretta”. L’esempio è meno classico di quello che ci si aspetta: leggere, bere, fumare. Non sarà troppo azzardato? “La prima sigaretta non dà piacere. Eppure si continua a fumare, per imitazione, perché quelli che lo fanno ai nostri occhi sembrano interessanti. Anche leggere è un atto scimmiesco. Sigaretta dopo sigaretta, si trova quello che si cerca”. Leggere e cercare, leggere è cercare, Augias gli sta raccontando di questa esperienza. “Non immaginate di trovare subito il libro che fa per voi, il piacere della lettura si deve conquistare, come tutti i piaceri”. (Clic! La mia collega si fa autografare il libro).
Il piacere? Ma la parola piacere sembra bandita dalla scuola, rabbrividisce a cospetto di un’aula, fugge in ritirata quando incontra un insegnante. Come può la parola piacere coniugarsi con il verbo “leggere” e con il complemento di stato in luogo “a scuola”? Marco Presta e Antonello Dose, i due esuberanti conduttori del Ruggito del coniglio (Radio Due), qui animatori del pomeriggio, qualche idea se la sono fatta: filmiamo le pagine dei libri e mandiamo il video su You Tube! Mandiamo un intero libro spezzettato in tanti sms! dateci altre idee, chiedono alle insegnanti, ai ragazzi! (Clic: la mia collega parla al microfono raccontando di quello che facciamo noi, quello che proviamo a fare).
Non si legge, non si legge. Come un mantra si ripetono i dati sconfortanti delle statistiche sui dati della lettura in Italia e il dibattito prende una piega un po’ stantia, i già fragili entusiasmi stanno per essere smorzati del tutto: come si fa a leggere se tutti ci dicono in tono di rimprovero: non leggete non leggete... Non abbiamo voglia neanche più di fare una fotografia.
Però Augias prima di andare via ci aveva avvertito: “La lettura ci deve stanare, è una magia che non è facile ottenere”. Qualcuno l’ha già dimenticato, nella magia delle luci del pulmann di sera che ci riporta a casa, stanchi e saturi di parole, ciascuno con una scia di emozioni così impercettibili che non si possono fotografare.


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La scuola è un racconto. Scritto sui banchi continua sul web ogni settimana. Con storie, immagini e dialoghi.

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