Scritto sui banchi

02 luglio 2009

Leggere è cibo per la mente. passa parola

Ne parlavamo in treno quando andavamo a scuola. Lei lo faceva di sera, io di mattina presto. Il viaggio era il primo momento utile per dirci tutto. Proprio tutto. Il tono della voce, è ovvio, variava a seconda di quello che era successo, e certe volte neanche ci rendevamo conto di chi avevamo accanto. Mica ci raccontavamo non solo il fatto. No, no. Volevamo, l’una dall’altra, le emozioni, le sensazioni. Ci scambiavamo consigli e suggerimenti. Un confronto, tra me e mia sorella, che non è mai finito. La passione è passione, si sa. Non solo con lei, in verità. Certe volte nei nostri discorsi si inserivano gli amici, anche loro, portavano storie, personaggi, altre emozioni. E poi le amiche. Con altri suggerimenti perentori: “questo assolutamente”, “questo no, non perdere tempo”, “questo… non ti dico proprio”, “dimmi, dimmi altro che”. E dicevamo ancora. La passione è passione, già detto. Ma quella per i libri è una passione che “non la può capire chi non la prova”. Una passione necessaria in tutte le età della vita. Ancora di più nell’adolescenza. Era il nostro modo di comprendere, provare a comprendere i sentimenti, di capire quello che ci accadeva dentro e ci mancavano le parole per spiegarlo. L’amore, l’amicizia, i desideri. Ci entravamo dentro e non ci bastava mai. Per questo parlarne, a due a tre a quattro, significava leggere il doppio, il triplo di quello che materialmente riuscivamo a fare. E poi, vivevamo in un piccolo paese. Grazie ai libri, d’estate ci spostavamo nella cittadina di Nancy Drew, l’investigatrice di gialli che si ha insegnato a guardare le cose con un’attenzione ai limiti del maniacale, e spesso trascorrevamo la villeggiatura con Ellery Queen (di cui sono stata a lungo segretamente innamorata, e forse per questo non corrisposta). Poi sono arrivate le passeggiate in Oriente con Herman Hesse, a New York con Paul Aster, in Africa con la Blixen. Mia sorella invece si è chiusa a lungo nella stanza di Emily Dickinson, tutta azzurra a guardare il mondo, a colmarlo di parole, a leggere le sue missive (la lettera, diceva la Dickinson, un privilegio negato agli dei), a guardare – di nuovo – la natura, i fiori, i piccoli insetti. E poi mi ha passato tutti i testi della Mansfield, e ancora non ho trovato un posto più bello di quella casa di bambola con la piccola lampada gialla di un suo racconto, un posto più accogliente di certe sale dove si svolgevano balli di struggente tristezza. Solo nelle pagine che mi fatto leggere Sandra. Sono stata io a portarla a Parigi, anche se quelle figlie di Papà Griot proprio non le sopportavamo, per via della loro sconsiderata ambizione. Salire le scale di certi palazzi edificati da Balzac, ci faceva impazzire. Abbiamo litigato per Casanova – io seguivo un corso monografico all’università sui diari del Settecento e ne parlavo con lei che ancora faceva il liceo – c’è un passaggio in cui lui spiega che il momento più bello dell’incontro con l’amante è quello in cui sale le scale e si avvicina, si avvicina, si avvicina, si avvicina sempre più alla porta di lei. Casanova scrive che è quello il momento più bello della serata: mentre sale le scale. L’amore è tutto lì, quando tutto deve ancora accadere.
“Bello stronzo!” ha risposto lei, con la schiettezza che le è propria. “Ma chi? Casanova? E perché?”. “Uno perché comunque le cose le faceva accadere. Due perché vivere sempre facendo un passo indietro rispetto alla realtà è irritante per chi sta accanto”. “Sì, ma la dimensione fantastica, fantasmatica comunque fa parte di noi”. “Ricordati - mi ammoniva - che stiamo sempre parlando di uno sciupa femmine”. Ecco, i discorsi erano – sono - più o meno questi. Quell’anno, mentre leggevo Alfieri (“leggere per me è pensare profondamente il mondo”), Goldoni e Da Ponte (quello dei libretti di Mozart), lei divorava i romanzi che avevano dentro un po’ di filosofia, di scienze, di matematica. Non lo sapevamo che si chiama passaparola. E quando mercoledì ho visto la presentazione dello spot pubblicitario per la lettura “mi è venuta una mossa” (ma questo è l’effetto delle lezioni di linguistica di Raffaele Scialla, il mio alunno di Marcianise!). L’amore, l’amore per i libri, finiti in una pubblicità! La naturale pratica quotidiana di scambio, confronto, incontro incentivata come un detersivo che lava più bianco. Il passaparola come premessa di una campagna acquisti. Mi è sembrato come voler mettere un uccello in gabbia. Forse è solo gelosia, la mia. Ma non lo so, davvero non lo so, se mi piace che i libri si devono leggere così, a colpi di spot. (particolare non da poco: l'investimento complessivo è di 2,4 milioni di euro. ma quanti libri si potevano comprare?) Devo parlarne con mia sorella, quanto prima.

5 Comments:

  • prof. mi fa molto piacere ke anke io ho insegnato qualkosina a lei beh qualkosina xchè il marcianisano è più difficile dell'inglese

    Da Anonymous Anonimo, alle 04 luglio, 2009 13:28  

  • Non male per una "noiana"....chi sarà spuntato dai meandri lontani della memoria?

    Da Anonymous Anonimo, alle 06 luglio, 2009 18:24  

  • dall'ottimo e giovanissimo marcianisano ad un noiano evergreen. interessante questo accoppiamento. ma quel non male sarebbe poi un sei meno meno?
    aspetto, curiosamente, con curiosità, il souvenir della memoria. a raffaele invece rispondo su fb. ciao

    Da Blogger Marilena Lucente, alle 06 luglio, 2009 19:32  

  • no, il "non male" è un 6+. Sono un tuo (quasi)vecchio compagno di scuola, non-noiano. Hai un indirizzo e-mail "pubblico" (non ti chiedo quello privato da questo spazio).

    Bye, bye

    Da Anonymous Anonimo, alle 08 luglio, 2009 18:03  

  • sei più! ma non ti ricordi quanto sono permalosa? allora, caro mio vecchio compagno di viaggio (a questo punto), non ho una mail pubblica, ma mi trovi facilmente su facebook. in ogni caso, prova a fare questo esercizio: il mio indirizzo è composto dall'accusativo singolare (latino ovviamente) del cognome o del nome questo devi provarlo, l'at o chiocciolina classica, torino imola napoli punto it.
    vediamo cosa riesci a mandarmi! buonagiornata

    Da Blogger Marilena Lucente, alle 09 luglio, 2009 06:57  

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