Scritto sui banchi

27 febbraio 2009

della ignoranza in Campania e altre storie


Ci sono giorni strani. Ci sono giorni che proprio non ti appartengono e giorni che ti vengono addosso. E poi ti seguono, sembrano non andare via anche quando il calendario segna una nuova data. Lunedì scorso sui giornali una notizia: gli studenti della Campania i più ignoranti d’Italia. All’inizio ho pensato: lo sapevo! Poi mi sono detta: e adesso? E ancora: perché?
E’ dei miei alunni che si parla, non solo di loro, certo, ma anche di loro. Quelli a cui cerco di insegnare ogni giorno una poesia, un evento di storia, un momento della letteratura, una regola di grammatica.
E insieme a me, i miei colleghi, con le loro formule di matematica, gli articoli della costituzione, la partita doppia, le regole di un torneo. E loro, i nostri studenti, che fanno? Ci fanno fare questa figura di niente.
Perché? Scava scava, provo a tirar fuori qualche risposta. Intanto passano a trovarmi due ex alunne. Che bello incontrarle, sapere come va la loro vita. E mentre tirano fuori storie di vita, aneddoti del passato, foto dai telefonini, cerco di indovinare cosa è rimasto loro degli anni trascorsi in classe. Pensano insieme agli scrittori che gli ho fatto conoscere? Hanno capito che gli facevo analizzare i racconti e romanzi perché potessero meglio investigare tutti i testi che gli capitano a tiro? Cerco di catturare la luce negli occhi, di trovarci dentro le tracce di quel piacere che solo lo studio riesce a dare. E qualcosa mi sembra di vedere.
Però Adriana ad un certo punto mi dice che non studia più. E non ha voglia di continuare. Cioè non lo sa. Ma non crede proprio che si iscriverà all’Università.
E’ stata la migliore alunna della classe per cinque anni. E sento che non serve ricordarglielo. E allora, di nuovo: perché? ”Perché sono stata tutta la vita sui libri, tutti i pomeriggi di questi cinque anni, non ho visto altro. E ho paura che se ricomincio a studiare, ricomincio a fare quella vita”.
Adesso che vita fai? “Metto in ordine casa, esco con mi cugina, faccio cose e cosette che mi tengono impegnata per tutto il giorno e la sera esco con il mio fidanzato”.
Sei contenta? Sì, mi dice convinta. Ma quando indovina il mio malcelato disappunto anche lei si rattrista, fa una smorfia che vuol dire: chest’è.
Ho capito, Adriana, chest’è. Ma non va bene lo stesso. Per tre anni vi ho massacrato con la storia dello spreco delle intelligenze, di tutte le volte che non ci concediamo di essere quello che siamo, di quando rinunciamo a impegnarci per tirare fuori il meglio di noi e preferiamo vivere sotto sotto al muro. E tu che fai? Vai nei centri commerciali. Non le ho detto niente di tutto questo, ovviamente. Ma a me il “chest’è” mi fa venire il mal di pancia, sempre. Ancora di più se a dirlo è una ragazza capace e vivace, intelligente e brillante, più tanti altri aggettivi che quando era studentessa accoglieva con gioia e con orgoglio.
Adriana avrebbe fatto salire di qualche punto le statistiche sugli alunni ignoranti in questa regione . Ma forse le due realtà sono meno distanti di quanto si possa pensare. Gli studenti – campani - ignorano soprattutto le ragioni per cui si deve studiare. La scuola è il tempo presente ma solo se proiettata in un tempo futuro. Se so che impegnandomi posso avere spazio per me, riconoscimenti – non solo una manciata di aggettivi che lasciano il tempo che trovano – e strumenti per lavorare la mia vita, la mia città, il mio tempo (presente, ma anche futuro), allora sì che studio. Altrimenti: meglio il motorino, meglio andare ad Amici di Maria De Filippi, meglio la passeggiata per “compare i panni”, meglio andare il mercoledì a ballare, meglio l’ignoranza, meglio il nulla.
Sarebbe bene affiancare le riflessioni sulle loro storie di vita, le considerazioni sul valore assegnato dal contesto in cui si vive all’istruzione e alla educazione, insieme a molte altre, alla lettura delle statistiche tanto realistiche quanto depressive. Chest’è.
(in foto: particolare di un istituto scolastico)

3 Comments:

  • Questo reperto assomiglia tanto a una specie di lavandino del mio vecchio istituto...!!hi,hi! Come và cara prof? Se ha il contatto messenger me lo può mandare?Cosi ci sentiamo li.Baci.Le voglio tanto bene. Michela Sorbo

    Da Anonymous Anonimo, alle 01 marzo, 2009 18:51  

  • che bello leggerti, cara michela!
    al tuo sguardo attento non sfugge niente... ho sì messanger ma non lo pratico molto. meglio su facebook. lì sono in contatto con il nostro tammmariello.
    puoi scrivermi in posta, al solito indirizzo. oppure devo chiedere a mio figlio il suo indirizzo. come stai?

    Da Blogger Marilena Lucente, alle 01 marzo, 2009 22:26  

  • cara prof tutto ok!!Il nostro tammariello non mi ha detto che era anche lei su facebook,altrimenti l'avrei aggiunta già tra i miei amici!!hi,hi!Comunque qualche giorno con francesca veniamo a trovarla a scuola!Che nostalgia! tanti kisssss

    Da Anonymous Anonimo, alle 16 marzo, 2009 13:52  

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