Scritto sui banchi

24 ottobre 2008

piccole scuole smettono di crescere

Diamoci un taglio. I modi sono quelli perentori a cui ci stiamo piano piano abituando. Decisionismo, punizioni esemplari per ragazzini maleducati, grembiulino e sette in condotta a pensieri opere e opinioni che divergono dalle desiderata governative. Della riforma “gelmonti” sappiamo tutto, o quasi. Un gruzzoletto di slogan ad effetto, i cui esiti saranno molto più disastrosi di quello che si riesce ad immaginare. Diamoci un taglio: agli insegnanti, alle scuole con meno di cinquanta alunni, alle università frequentate da un solo studente. Tutti soldi sprecati.
E di sprechi è piena la pubblica amministrazione: dagli ospedali ai tribunali, dagli enti alle scuole. Come non ammetterlo? Come non riconoscere quello che per tanto tempo tanti hanno, abbiamo detto.
Eppure. Eppure proprio la parola “tagli” richiama bellissime metafore contadine o botaniche.
Persino chi non ha frequentazione di arbusti sa che bisogna tagliare per far vivere le piante. Dalle rose in vaso, un taglio di traverso nella parte terminale del gambo, ai rami che vanno recisi almeno due volte l’anno per farli rinascere più forti e più folti. Però, come qualsiasi giardiniere sa, un taglio sbagliato può danneggiare irrimediabilmente l’albero, che da quel punto in poi non crescerà più.
Sui tagli ai maestri – bel maschilismo linguistico, i tagli sono rivolti alle maestre, il 94, 6 per cento del corpo insegnante – ci sono state blande e insignificanti rassicurazioni. Il corpo docente di fatto invecchierà e i giovani saranno lontani dalla scuola per molto molto tempo. Al più rimarranno sotto vetro nelle serre dei corsi di specializzazione e delle graduatorie permanenti che li prepareranno ad una professione da svolgere dieci o quindici anni dopo.
Meno argomentati i tagli alle scuole con pochi alunni. Le piccole scuole dei piccoli comuni che costano troppo. Questa sì che è una battaglia civile grandissima. Che deve essere portata avanti da sindaci, alunni, insegnanti, genitori.
Ci vorrebbero letture pubbliche per sensibilizzare tutti: magari i testi delle inchieste sul mezzogiorno promosse all’inizio dell’unità d’Italia, le pagine di Gaetano Salvemini, di Quintino Sella. Arrivavano nel sud e trovavano scuole ricavate nei sassi a Matera, alle insegnanti erano date case fatte di una sola stanza, con dotazione di pentoline e qualche pezzo di gesso. Insegnavano e abitavano nello stesso posto. In molti paesi, le lezioni per gli adulti, dovevano imparare a mettere la firma, per votare, per raggiungere Lamerica, si svolgevano nei treni abbandonati nelle stazioni. Da qui, da queste scuole con meno cinquanta alunni, l’Italia appena formata ha vinto la lotta all’analfabetismo che riguardava la quasi totalità della popolazione.
E tutte le disgrazie che hanno costellato la nostra storia, dove sono state colmate se non nelle piccole scuole? Le scuole distrutte dai terremoti hanno trovato ricovero negli appartamenti, molte case hanno ospitato sezioni staccate, supplendo lungaggini amministrative. In quelle scuole – talvolta affittate con molti e indiscutibili sprechi – si sono formati bambini e bambine, lì hanno imparato l’alfabeto e i numeri, l’obbedienza e la ribellione.
Per non parlare delle scuole di campagna, incastonate nel nulla di quelle che oggi si chiamano offerte formative, ma ricche di vita e di scambi, caratterizzate da una dimensione comunitaria che si stenta a riconoscere negli istituti con cento, cinquecento o cinquemila studenti.
Una scuola che si chiude è come una foresta abbattuta. Non c’è più piacere dell’insegnamento e dell’apprendimento, non ci sono più difficoltà da superare, non ci sono più poesie da imparare. Non c’è più sapere, vale a dire: non c’è più aria da respirare.

2 Comments:

  • ....una scuola che si chiude è come una foresta abbattuta - scrive lei. E aggiunge: non ci sono più poesie da imparare, non c'è più sapere...
    E cosa dice del fatto che tra i link del suo blog c'è anche quello di Caserta c'è, il peggiore sito mai apparso sulla scena qui a Caserta? E' questa la cultura?

    Da Anonymous Anonimo, alle 27 ottobre, 2008 12:42  

  • grazie anonimo per la puntualizzazione. non so quale link si è creato nella sua mente tra la foresta, le poesie e caserta c'è, ma credo comuqnue di doverLe una risposta. I link dei siti sono ovviamente quelli dei miei amici e all'inzio caserta c'è mi sembrava molto interessante come esperienza giornalistica. conosco una persona che lavora con loro e ne apprezzo l'aspetto umano e professioanle. nel sito c'è anche un mio intervento. o forse due, non ricordo. Non sono in grado di dire se è il peggior sito apparso sulla scena casertana, scena che imparo a conoscere giorno per giorno, ma sicuramente adesso è un sito che ha parecchi punti critici. mi sembra molto livoroso nei confronti di alcuni personaggi, trovo i titoli eccessivamente verbosi, e quello che mi crea amarezza e finanche depressione, ogni volta che lo leggo, e la descrizione di un conflitto perenne tra cittadini e istituzioni. una guerra, una guerra continua che mi fa paura. dovrei toglierlo dai link? non prima di averci riflettutro abbastanza. in attesa di suggerimenti...

    Da Blogger Marilena Lucente, alle 27 ottobre, 2008 15:39  

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