Scritto sui banchi

14 settembre 2008

prima del primo giorno di scuola

Belli davvero i ragazzini lombardi il primo giorno di scuola. Con la divisa azzurra e rossa che ben faceva risaltare il tailleur color avorio della Ministra. Sono loro gli alunni ideali. Disciplinati, in fila per due, pronti a recepire quei valori antichi ma sempre attuali che il governo sta sdoganando giorno dopo giorno. Bellini assai!, direbbe un insegnante meridionale.
I nostri bambini invece sono ancora qui, nel parco a giocare, oppure a casa davanti alla tele, o a dare una mano a mamma e papà. Fino a lunedì prossimo, quando indosseranno anche loro il grembiulino, come hanno sempre fatto, d’altronde.
Il fatto è che la scuola non si fa solo a scuola. Dove mandare i figli, quale insegnante scegliere, quale istituto preferire, come avvicinare la tale direttrice per inserire i propri figli nella classe giusta sono discussioni che le mamme fanno da balcone a balcone, oppure attraverso una capillare rete di telefonate e di conoscenze. Si va a parlare con tizio, ci si fa presentare da caio, si chiede la raccomandazione a sempronio. Mica solo la Gelmini vuole il meglio per i nostri bambini.

Il fatto: in una classe ci sono due bambini grandi quasi quanto l’insegnante, i bottoni del grembiule taglia 95 a mala pena si abbottonano, anche se loro andranno appena in seconda (per avere il senso delle proporzioni un bimbetto di prima, corporatura normale, indossa 65 massimo 70).
Insomma i due, grazie alla loro mole, al temperamento sfacciato e a tante altre caratteristiche che rendono unico ogni alunno, si sono agevolmente guadagnati la fama di bulli della scuola. Picchiano i compagni, spuntano nei quaderni dei compagni per far attaccare le pagine, rubano le merende degli altri e le mangiano prima dell’orario di merenda. Forse da quest’anno si potrà mettere u cinque in condotta, chissà. E poi che si fa, si boccia in seconda elementare? Verosimilmente l’anno dopo avranno ancora più fame.
Andiamo avanti con la storia. Un giorno un piccoletto torna a casa con un “orologio” sulla pancia. L’orologio, spiega alla mamma, è il segno di un morso che ha ricevuto, e le impronte dei denti rappresentano i numeri.
I genitori, ovviamente, si arrabbiano, vanno dalle maestre e dal capo d’istituto. Che altrettanto ovviamente spiega ai genitori quanto siano difficili i bambini di oggi, quanto sono poco secolarizzati etc etc. I genitori chiedono di cambiare classe, vogliono un nulla aosta, ovvero un documento che consenta loro di scegliere un'altra scuola dove le pratiche di cannibalismo siano evitate o ridotte al minimo. Ma, si sentono dire, ovunque ci sono elementi di problematicità, e poi il bambino si è già inserito, ha già intrapreso un processo di scolarizzazione. E’ meglio lasciarlo lì.
Va bene, l’anno passa tra alti e bassi: qualche calcio, qualche pagina di libro strappata, ma niente di che.
Caldo pomeriggio di settembre. Squilla il campanello, il piccolo ha già comprato il diario, i quaderni, l’astuccio nuovo. L’estate ha portato via un po’ di ricordi sgradevoli e lui ha pure voglia di tornare a scuola, di vedere le sue maestre.
“Io mi faccio afferrare per pazza!” urla la mamma di una compagnetta entrando. Lei ha già saputo la novità: nella classe loro sta per arrivare un altro bimbo già noto in tutto l’istituto per aver trasformato gomme, barattoli di colla e pennarelli in oggetti contundenti lanciati contro insegnanti e compagni. Allarmate le due contattano le altre mamme. Parlano, discutono, si scontrano su posizioni diverse senza cavare un ragno dal buco. Il diritto all’istruzione non si tocca. Io tolgo mio figlio di là. Tutti i bambini devono andare a scuola. Adesso mi informo per una scuola privata. Ma perché tutti i malamente in una stessa classe? Andiamo a parlare con il capo di istituto. A quale istruzione si ha diritto in una classe con un iperattivo, due bulli e altri venti ragazzini?
Alla fine le mamme si salutano a mala pena, ciascuna stretta alle proprie certezze pedagogiche, convinta di aver subito un torto. Pure loro vogliono compagni ideali per i propri figli. Compagni belli, bravi, con il grembiule blu e il colletto bianco come si usa qui. Invece le classi, tutte le classi, sono fatte solo di bambini reali. E non volerlo capire è un bel problema.
“Si, ma tutti noi li dobbiamo risolvere i problemi del mondo?” sbuffa l’ultima che esce dal palazzo sbattendo il cancello.


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