Scritto sui banchi

21 maggio 2008

scrittori e scritture

Leggi un nome. E dietro quel nome c’è anche la firma di chi l’ha scritto. Quel nome, il tuo comunissimo nome, contiene qualcosa di più: una promessa, una minaccia, un appuntamento. Il tuo nome scritto sul muro dice che la tua identità si sta trasformando. Dopo quella scritta, diventerai qualcos’altro. Se poi insieme al nome c’è anche il cognome, allora, suggeriscono, bisogna avere paura. Il tuo nome, il tuo comunissimo nome, diventa un messaggio cifrato. Scritto in grande, sulla facciata di un edificio, lungo un muro di cinta, in mezzo alle mille parole di una città. Lo leggi e ti sembra di guardarti allo specchio senza riconoscersi, toccarsi la faccia e immaginare di trovarsi ancora in un sogno. Mentre il tuo nome è esposto alle intemperie e agli sguardi di quanti non sanno neanche l’aspetto che hai. Un nome e un cognome che hanno una storia dietro, ferocemente consegnata alla strada, indipendentemente da quello che significa, da chi l’ha scritta, dal perché. Solo un nome, un cognome. Sono i ragionamenti che si sono fatti su chi ha scritto che non mi hanno convinto. Non del tutto, almeno.
Di nomi sui muri ce ne sono tanti, di firme poche, ma quando ci sono, sono ben riconoscibili.

Leggenda vuole che anche la nostra nazione nasce insieme ad una scritta sui muri. Viva VERDI! si leggeva sui muri di Milano, di Venezia a metà Ottocento. Viva VERDI!, ma l’autore del Va’ pensiero non c’entrava nulla, al di là dell’acronimo del suo cognome: Viva Vittorio Emanuele Re di Italia!
Vennero gli anni della alfabetizzazione di massa. L’Italia era fatta e gli italiani continuavano ad affidare alle pareti l’esito delle loro battaglie sociali, delle passioni politiche e sportive. I muri erano i giornali dei poveri, si invocava la libertà, la terra, il nome della squadra locale e si gridavano i propri desideri al mondo intero.
Poco dopo, complice l’esportazione americana dei writers, le lettere si allargano, si colorano, occupano tutte le superfici: vagoni dei treni, fabbriche abbandonati, sottopassaggi e gallerie dipinte di notte, diventano macchie di colore in mezzo al grigio della modernità. Disegni e parole illeggibili, riconoscibili ai più come segno di ribellione e di trasgressione, muri sgargianti che si rincorrono da una città all’altra, attraversando gli oceani, sino a farsi tutte simili in ogni angolo del mondo.
In Italia, nel cuore degli anni Novanta un romanzo di straordinario successo ha come titolo proprio una scritta sul muro. Il protagonista, di notte, corre in cima al ponte e traccia quelle parole che solo la sua ragazza saprà riconoscere anche se tutti potranno vederle. Dal romanzo alla realtà, i turisti a Roma chiedono alle guide di poter visitare il punto esatto da cui guardare e raggiungere gli strepitosi (e oramai affollati) “Tre metri sopra il cielo” .
Da quel amore tra adolescenti è nato un nuovo modo di vivere la città, tutte le città ancora una volta, le cui facciate pulsano della vita sentimentale di ragazzi e ragazze, muri elettrocardiogramma, che registrano emozioni e passioni. Centinaia di messaggi rivolti a principesse, cucciole, gioie e lupacchiotti. Brevi unità narrative, disseminate dal centro alla periferia, dai tetti ai marciapiedi, mescolando lettere e numeri, asserzioni e promesse: “Tesò, sì a vita mia”, “Dany torna presto”, “Insieme 4ever” e più mestamente “Io e te sopra tre metri di munnezza”.
Spesso in bilico tra profondità e volgarità, ironia e idiozia, ammirazione e ingiunzione, da sempre le scritte hanno questo doppio destino linguistico. Segno di libertà e creatività per alcuni, di violenza e aggressività per altri, le scritte sono il bersaglio di movimenti di protesta di amministratori e semplici cittadini. Cancellare, pulire, cancellare ancora. Molte scritte sono brutte, banali, ripetitive, prima ancora di essere violente e pericolose.
Le scritte comparse in questi giorni a Casal di Principe, dove domenica c’è stata la festa della polizia (la festa, sì, ma di cosa?), sono indirizzate a due persone che scrivono, una giornalista, uno romanziere. Muro contro muro, letteralmente. I messaggi si incrociano, a tratti si confondono, come spesso accade da queste parti. Paura e speranza, rabbia e indignazione, silenzi e parole. E in mezzo, un ostinato bisogno di capire.

2 Comments:

  • Un muro è un luogo o, piuttosto, se mi consente un pizzico di sprezzante ironia, un campo rom della lingua, illegale e temporaneo?

    Sebbene vi sia chi, come casercani, le immortala sovente divertendomi, se ne vedono davvero di inutili, di scritte sui muri! Allo stesso tempo, con un salto indietro nel tempo, attraverso di esse
    è possibile risalire per grandi linee/scritte alla storia politica del nostro Paese!

    Da Blogger -clicky-, alle 24 maggio, 2008 00:38  

  • Ma come scrivi bene, e che bel sguardo chiaro hai sul mondo, sono cosi contenta di averti scoperto.

    Da Anonymous Anonimo, alle 19 giugno, 2008 22:23  

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