Scritto sui banchi

10 aprile 2008

Quando un prof entra in aula: in piedi!

Assomiglia ad un’acquasantiera. E tutti ci mettono le mani. Credenti e turisti, sfaccendati e bisognosi di grazia. Poche gocce per sentirsi parte di un mondo immenso e sterminato.
Però le acquasantiere sono state eliminate perché portatrici di numerose malattie.
E con le numerose malattie, forse siamo alla seconda similitudine.
Tutti hanno qualcosa da dire a proposito di scuola. Come un’acquasantiera, insegnanti e ministri, genitori e alunni, docenti universitari che a scuola mancano da almeno quarantenni anni e bidelli: ognuno ha una diagnosi e una ricetta. Questa settimana la scuola appariva sui due principali giornali accompagnata dall’aggettivo “catastrofe” (Mario Pirani su Repubblica) e “disastro” (Gian Antonio Stella sul Corriere). Sono ancora i dati preoccupanti sull’ignoranza scientifica dei nostri studenti a tenere banco, ma anche i continui episodi di bullismo, la pessima situazione edilizia delle scuole, la preparazione dei docenti. E non un partito che affronti il tema in campagna elettorale: si vola alto con malpensa, si precipita il basso con la diossina e le mozzarelle. La scuola può aspettare, “i problemi sono ben altri”.
E a sorpresa spunta un suggerimento da un autorevole uomo di governo: ricominciamo a far alzare gli studenti dal banco quando si alza l’insegnante.
In piedi! Seduti! Sembra una boutade, ma è una frase che ha fatto discutere. Quali trascorsi scolastici evoca? Quelli in cui i prof erano rispettati, profondamente rispettati, e il gesto di alzarsi era uno dei tanti segnali di deferenza? E’ questo che vogliamo?
In piedi… da me quando si alzano, fanno tanto di quel rumore con le sedie che io poi sono costretta a implorarli: seduti, seduti.
E’ come se a fronte di numerosi e profondi errori linguistici, qualcuno dicesse: ricominciamo dall’andare a capo dopo il punto. E il resto? Le e con o senza accento, le a con e senza l’acca, le doppie, i condizionali e congiuntivi in stato comatoso da decenni?
Sì, ma intanto da qualche parte bisogna ripartire. Dall’andare a capo dopo il punto.
Se solo pensassi che la ricetta può funzionare, l’adotterei subito. Ma a che serve una trasformazione così limitata, parziale, tarata su un piccolo gesto che poi è contraddetto da tantissimi altri? L’educazione è così complicata, e soprattutto rispecchia una visione così complessa che non può risolversi con un solo singolo gesto. Neanche per incominciare.
Cosa succede poi quando il prof esce dall’aula? Seduti o in piedi?


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