Scritto sui banchi

11 maggio 2008

quando la scuola va in tv


Quindici minuti di celebrità. Era quanto promesso alla gente comune dalla nascente e imperiosa società dello spettacolo. Nel tempo le cose sono andate ben al di là della profezia di Andy Wharol.
La vicina di pianerottolo, il collega di lavoro, la sorella della cognata sono andati almeno una volta in televisione. Per partecipare ad un quiz, per separarsi in diretta, per cercare un parente lontano. Apparso poi, anche lui in tv. Fame di fama. Che non ha mai fine e si spinge sempre più audacemente in territori inesplorati. Fame di fama che non riguarda solo la gente, ma adesso anche le istituzioni. Prendiamo la scuola. Non quella televisivamente fotogenica – quella cioè del bullismo e dei cattivi ragazzi – ma quella più mesta fatta di lavoro e impegno quotidiano, anche quella scuola lì è a caccia di visibilità.
Anche nella più sperduta sezione di provincia si tiene il convegno, il saggio musicale, si produce il film da mandare al festival internazionale, si invita lo scrittore a parlare (tanto vanno ovunque, invece di scrivere), si trasformano alunni in artisti di fama locale e…

E… per prima cosa si manda il comunicato al giornale, si chiama l’emittente televisiva a riprendere il saggio finale, si pubblicizza l’iniziativa nel sito del comune, della provincia, della regione, della nazione.
Se un albero cade nella foresta e non è ripreso dalla televisione, l’albero è veramente caduto?
Domande amletiche come queste attraversavano gli studi di comunicazione di massa degli anni cinquanta e sessanta. Oggi, prima di tagliare un albero, di piantare un seme, di mettere un vaso in un fiore a scuola - ma non solo - si fa una conferenza stampa. E così si risponde al bisogno di visibilità delle scuole. Poi si legge il pezzo e si trovano quattro o cinque nomi, quello del capo di istituto e quello di alcuni colleghi. Quelli che animano i progetti, che curano la regia degli spettacoli, che fanno le tournee con gli alunni, che per ringraziarli li portano in pizzeria. Insegnanti encomiabili, che spendono se stessi per la scuola e i ragazzi. E gli altri? quelli che restano in classe ad insegnare, a casa a correggere i compiti, a scuola a redigere i verbali.
Nessuno spazio per loro sui giornali, in televisione, neanche uno straccio di intervista. cosa ne pensa dello spettacolo dei suoi alunni? non sanno rispondere, non l’hanno visto, come potevano? Erano in classe. Addio quindici minuti di celebrità. Resta l’intera ora di lezione. Quelle che se sono vere, fanno crescere gli alberi per davvero. Anche se non si vede ad occhio nudo.


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La scuola è un racconto. Scritto sui banchi continua sul web ogni settimana. Con storie, immagini e dialoghi.

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