Scritto sui banchi

10 ottobre 2008

a scuola con gomorra


Mi hanno chiesto di vedere Gomorra. Un po’ me l’aspettavo e in fondo lo volevo anch’io. Ma ho preferito fossero loro a chiedermelo. Si sono organizzati da soli: hanno portato il dvd, la lettore portatile, hanno fatto la richiesta dell’aula video. Quando vogliono, sanno fare tutto.
I primi minuti del film li trascorro guardando le mie alunne che cantano Raffaello tenendosi la mano. Quando gli occhi si incrociano abbassano la voce e un po’ sorridono, ma non smettono di cantare. Come se quella canzone fosse più importante di tutto il resto.
Poi il primo colpo di pistola, il primo dei tanti del film. E tutto cambia. Siamo seduti di fronte alla tv. Nel corso delle due ore le posizioni dei corpi cambiano. Qualcuno si schiaccia contro il muro, le ragazze si abbracciano ai fidanzati, altre poggiano i gomiti sulle ginocchia. C’è anche mio figlio di dieci anni, mi ha chiesto lui di vedere Gomorra. Quella che doveva essere una mattina di festa a scuola si trasforma in un marasma di sentimenti contrastanti, che vanno dalla noia alla paura. Ad un certo punto lo vedo in braccio al più gigantone dei miei alunni.
La distrazione abituale che accompagna la visione di un film a scuola questa volta è sostituita da bisbigli sommessi, spiegazioni, richiesta di spiegazioni, interpretazioni. Come se Gomorra fosse soprattutto una calamita di esperienze di vita vissuta, sguardi diretti su un mondo liminare, in cui vi sono zone note e meno note. In ogni caso, nessuno di noi mette in crisi la veridicità del film. Ci affidiamo totalmente allo sguardo del regista guidato dalla penna dello scrittore: “ Così è”, “chillo è o vero”. E vere sono pure le strade, le case, gli angoli di spiaggia che alcuni conoscono e altri no. Ne parliamo anche dopo, quando il film è finito e rientriamo in classe. Ci sono le finestre aperte, come sempre. Tutte le nostre lezioni sono mescolate alla vita del condominio di Parco Angelo. Da qualche giorno insieme alle esercitazioni di un flautista si sentono i rumori degli elicotteri. Il film ha lasciato una grande angoscia in tutti noi. Anche a chi l’aveva già visto. Ma oramai non facciamo che vederci in video, in questi giorni. Non noi, ma le nostre strade, le nostre piazze. E’ un anno quasi, che ci raccontano per segmenti. Prima la spazzatura, poi la camorra, adesso il razzismo. Come se quei segmenti fossero disgiunti dal resto. O peggio, come se quei segmenti disegnassero il perimetro di una realtà al di fuori della quale non ci fosse nient’altro. Questa è Caserta e la sua provincia. La terra di nessuno che consegna il propri figli alla dolore e alla rassegnazione. Una terra che esisteva già prima che la mostrasse il film. Un film candidato all’Oscar. E questa terra a cosa è candidata?
Sono in molti a rassicurarci questi giorni: non c’è solo la camorra, c’è tanta gente onesta, per bene. Come se non fosse anche questa la nostra esperienza. Ma adesso sono le emozioni a prevalere. Quell’angoscia che ho sentito rientrando in classe non accenna a passare. Anche se siamo nell’atrio pieno di sole, a pochi minuti dalla fine della giornata.

(questa è una foto speciale. è affissa fuori l'istituto mattei di caserta. per vederla basta allungarsi in via botticelli. merita un racconto: arriverà presto)

3 Comments:

  • Il film è duro a seguire senza conoscere la situazione sociale e politica della regione, quelli dell'Oscar non so cosa capirano. Forse il libro ha più senso, ma visti da fuori i caratteri del film mancano profondità, motivazioni, poi sono troppi per poter seguire davvero qualcuno.

    Uno di Caserta puo coprire i bucchi con quello che sapeva già, uno da fuori deve avere l'interesse a farlo, per andare a cercare spiegazioni, e questo non dovrebbe accadere con nessun film, la storia deve essere autosufficente.

    Bello il suo racconto, mi ha colpito sopratutto questa frase:

    "E questa terra a cosa è candidata?"

    Da Anonymous Anonimo, alle 14 ottobre, 2008 21:20  

  • ne avevi già parlato di questo film... duro e difficile. ma come vedi ti è rimasto dentro. certo, non tutto è facile da seguire, ci sono molti non detti, molti sottintesi, ma credimi, anche qui è così, viviamo in mezzo a tante cose che non sappiamo. ogni giorno proviamo a capire qualcosa. ma non è facile. stai bene?

    Da Blogger Marilena Lucente, alle 15 ottobre, 2008 10:38  

  • Sto bene, grazie, anzi, ho visto qualche bei film al Festival du Nouveau Cinema, sopratutto uno fatto in collaborazione con donne inuit (eschimose): Il giorno prima di domani (Le jour avant le lendemain). Vi ho pure incontrato il regista Wim Wenders. Dal resto - tutto normale, troppo, fa anche freddo.

    Da Anonymous Anonimo, alle 22 ottobre, 2008 22:04  

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