Scritto sui banchi

16 gennaio 2009

Cento colpi di Setola prima di andare a lezione

Lo sapevo già prima di arrivare a scuola, che oggi avrebbero portato i giornali. Che avrebbero trascorso la prima parte dell’ora a commentare. A dire, a dare la loro versione dei fatti.
E’ sempre così. Quando la cronaca scavalca i piccoli fatti e diventa grande, avvolge, coinvolge.
C’era stata la fuga lunedì, rocambolesca, eroica quasi. E poi l’arresto.
Una volta mi hanno chiesto di non essere interrogati dopo la vittoria del Napoli – se c’è, quando c’è – perché vanno a festeggiare e non hanno tempo di studiare. Tra un po’ mi aspetto una analoga richiesta in coincidenza con i fatti di camorra. Perché poi passano tutto il pomeriggio su internet a vedere i video degli arresti, a leggere gli articoli, a vedere le foto. Hanno un preciso percorso on line che li porta a swicciare da un sito all’altro. Leggono e messaggiano, guardano e chattano. La televisione è solo un piccolo amo, dà la notizia, ma poi gli approfondimenti vanno cercati da un’altra parte. ‘Ncopp a internèt, appunto.
Il fatto è che la camorra sembra una specie di gorgo, che li attrae e li porta dentro, più dentro, con il desiderio di saperne di più, la fame di emozioni, la sete di vedere come fa a finire.
“Ma non finisce, professorè, non può mai finire”, dicono con cognizione di causa.
Non riescono ad essere ottimisti su questo argomento. Troppe ne hanno viste, troppe ne hanno sentite. “Ci sta dappertutto”. Non sono esaltati dalle gesta, dal potere che a loro appare invincibile , sono solo, amaramente, consapevolmente, rassegnati.
C’è chi dice che i camorristi sembrano agli occhi dei ragazzi degli eroi. Sono sicura di poter dire che per i miei non è così. Latitanti e superlatitanti non sono modelli, non schiudono ambizioni, emulazioni. Ma che i delinquenti siano persone fuori dal comune, dalla comune fatica di essere persone, questo sì, sono disponibili ad ammetterlo.
Poi li guardiamo in faccia, osserviamo le mani, il corpo, i vestiti. E ci sembrano uguali a tanti altri. Li guardiamo magari con il giornale aperto sulla cattedra. Con i quotidiani aperti. I miei giornali sono diversi dai loro, ai loro occhi, sembrano algidi e anodini, istituzionali persino. I loro sono più viscerali. Quotidiani impaginati per colpire duro. Al cuore, alla pancia dei lettori. Sul loro la foto di Setola ridente è almeno di venticinque centimetri quadrati, sul uno dei miei meno di sette. E’ facile comprendere dove e perché vada a finire la nostra attenzione.
Ma che uomo è uno che scappa nelle fogne, scalzo, che si porta dietro una barca di soldi? Gli chiedo di provare a rifare mentalmente un tratto di fogna, a sentirsi braccati, ad avere paura, ad avere coraggio.
Mi danno risposte diverse, con sfumature semantiche che vanno dalla animalità – i topi di fogna, un topos appunto del bestiario urbano – alla definizione di coraggio, al bisogno estremo di prendersi a tutti i costi quello che gli è dovuto: la vita, la libertà, 'e sord.
Provo a ragionare sui libri, sui libri trovati nel nascondiglio. “Servono per capire, per vedere dov’è che si parla di loro, per capire cosa gli altri hanno capito”, dico. Ma anche, provo a riflettere insieme a loro, libri che sono in circolazione sul momento, libri che tutti stanno leggendo, e che fanno sentire anche un latitante sintonizzato su quello che accade nel mondo, mescolato a tanti altri lettori – consumatori.
E’ la fine di un mito, ha dichiarato il comandante dei carabinieri che ha coordinato le indagini. E’ la consapevolezza che lo Stato c’è e può. E che allo Stato ci si può arrendere. E chi si arrende butta alle ortiche velleità di grandezza per sé e per il gruppo di cui fa parte. non c'è più niente da emulare, da imitare.
Eppure continuo a pensare, per la frequentazione continua con i miti – quelli che si studiano a scuola – che il paragone non funziona. Certo che i ragazzi percepiscono qualcosa di epico in quello che sta accadendo. Ma questo non riguarda le persone: né i buoni né i cattivi, né l’Arma né la camorra. La forza mitica, epica, appartiene allo spazio, al territorio in cui tutto questo sta accadendo.
Alcuni di loro vivono non troppo distanti da quelle fogne. Attraversano quelle stesse strade. Altro che poemi epici. L’Illiade è di casa lì, ancorché attualizzata, resa contemporanea dai vestiti e dagli oggetti. In luogo di spade e scudi, kalascinof e bazuka, niente spelonche ma casali abbandonati, anonime ville di periferia. E’ la loro terra, quella che lambisce le loro case, ad essere veramente eroica, feriale ed epica. E’ la loro terra che amano e odiano al tempo stesso, come si fa con i veri, grandi, miti.

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