Scritto sui banchi

05 settembre 2009

primi giorni di scuola (per gli amanti della didattica)

Non lo so che gli è preso quest’anno. A tutti quanti. Certo i primi momenti sono sempre belli. I sorrisi, l’abbronzatura appena sbiadita, i racconti delle vacanze – “il mare a Baia Domizia non si poteva guardare proprio”, “mi sono portata pure mia cognata”, “al valtur i bambini non pagano” - i commenti politici mescolati al gossip di corridoio. il primo settembre, è un vociare indistinto di prof che si salutano, si baciano, si schivano. Poi, appena varcata la soglia delle aule dove si svolgono le riunioni, puntuale come sempre, scocca la domanda di rito: “a che ora finiamo?”
Ma se non abbiamo ancora iniziato! C’è l’appello da fare, i ritardatari da invidiare, il registro dei verbali da aprire, il saluto del preside.
E quando finalmente il collegio dei docenti prende la sua strada, si ripiomba nei problemi di sempre: l’orario delle lezioni, la giornata libera di sabato o di mercoledì, le assegnazioni delle classi. Tutti a difendere il proprio territorio e il gruzzoletto di privilegi. I ruoli e le funzioni per il nuovo anno: “io non voglio fare niente”, “due quinte, ti rendi conto? In due sedi diverse”, “perché gli esami di idoneità li devo fare sempre io?”. Domande che mulinellano nell’aria ancora estiva, mentre la macchina organizzativa procede con l’andamento di un panzer.
Qualcuno al microfono richiama la necessità di mettersi a servizio della scuola. Anzi, il primo giorno a questo è intitolato: alla presa di servizio.
Ma nessuno, ora, sembra crederci. Abbiamo trascorso l’estate godendo di una certa libertà, mica facile tornare nei ranghi della convivenza, accettare l’idea di poter rinunciare a qualcosa per gli altri. Siano essi alunni e meno che mai colleghi.
Per trovare un po’ di consociativismo (può andare bene questa parola?), di solidarietà, bisogna non averlo il lavoro, andare sui tetti dove si sono issati quelli che ancora non sanno se e dove insegneranno , girare per le strade dove monta la protesta contro la Gelmini, affacciarsi negli androni dei provveditorati dove ci si scambiano informazioni e consigli.
Il rovescio dell’individualismo sfrenato dei docenti in servizio è lo spirito di gruppo dei precari. Letteralmente bistrattati, trattenuti con qualche gioco di prestigio legislativo e amministrativo: “Vediamo, adesso vediamo. Un sussidio, la precedenza per le supplenze brevi (e prima a chi le davano?), la possibilità di tenere corsi pomeridiani (anche questo c’era già prima)”. Sembra di sentire lo cunto de li cunti, ovvero lo trattenimento de li piccirilli. Dov’è il lavoro, e soprattutto la concreta possibilità, sia pure proiettata aventi nel tempo, di essere assunti?
Inizia così, quest’anno, primo settembre, lo stesso giorno in cui era possibile mettere in regolale badanti. E magari è toccato anche a qualche precaria, “assumere” una badante. Quei corto circuiti della vita, per cui hai una madre da accudire e devi comunque uscire di casa per capire che ne sarà della tua professione.
intanto è incominciato il lavoro delle programmazioni educative e didattiche. Esecrata, odiata, copiata, redatta ex novo, la programmazione è un tassello chiave della didattica. A cui far seguire poi una concreta azione pedagogica. La mia collega Lisa, una che sa tutte le tassonomie a memoria, che ogni giorno consulta il sito del Ministero della pubblica Istruzione come io leggo l’oroscopo, mi ha confidato che per lei la pedagogia è il marito e la didattica è l’amante. L’ho guardata. E ha risposto fieramente al mio sguardo. Non ci posso fare niente, ha giurato, amo entrambe queste discipline, anche se sono la prima l’ho studiata da più tempo.
Una passeggiata in centro, no? Che ne so, a vedere le vetrine, a passeggiare senza obiettivi finali da raggiungere. Adesso che facciamo, le laison clandestine pure a scuola? E poi chi fa la escort? La pedagogia o la didattica? Non le ho detto niente di tutto questo. Sarà perché tante volte a me capita di sentirmi “l’utilizzatrice finale” di norme e procedure (pedagogiche e didattiche) che non condivido, mi sono sentita inadeguata rispetto alla sua voglia di fare, di entrare a scuola, con tutto il necessaire appena sfornato dal Ministero. Lei invece ha già la cartellina piena di bozze di progetti, vecchie e nuove redazioni di Pof, procedure di concorsi. E’ piena di slancio e di energia. Riesce a farmi dimenticare lo scetticismo e il disfattismo della prima ora. Ah questi insegnanti! Non finiscono mai di stupire.

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