Scritto sui banchi

17 luglio 2008

grembiule e bikini

A me fanno l’effetto dei fuochi d’artificio visti da lontano. magari mentre stai tornando a casa, sull’autostrada, riconosci lo scoppio di luce, il fiore di scintille che si apre, oppure le scie bianche filanti che si innalzano sino al cielo e poi scendono giù. Li guardi con lieta sorpresa e dopo un po’ ti chiedi che santo è, in quale paesino si tiene la festa, eppure niente, non c’è modo di associare quel gioco di luci nel cielo a un giorno da festeggiare. Dopo un po’ un altro razzo si alza nel cielo e alla curva successiva non lo vedi più. Dimentichi tutto.
Più o meno così queste ultime esternazioni sulla scuola. Una scollegata dall’altra. La ministra continua ad avere una faccia rassicurante e serena. Poi ogni tanto, uno sparo. Da quest’anno niente più pubblicazione dei risultati degli studenti. Si viola la privacy.
A parte che, voglio dire, i consigli di classe per la promozione li abbiamo già fatti un mese fa, e dunque, al più questa – cos’è un consiglio? Un decreto? Una dichiarazione ai giornalisti? – indicazione andava fatta prima, a cosa serve? Chi tutela: gli insegnanti o gli studenti?
Diamola per buona, in linea con numerosi altri provvedimenti a tutela delle nostre informazioni personali: negli stessi anni in cui disseminiamo la nostra identità nelle casse dei supermercati di tutto il mondo con le tessere punti, lasciamo scie della nostra personalità ogni volta che lasciamo un commento in un sito qualsiasi, andiamo in tv a dire tutto ma proprio tutto di noi, abbiamo inventato la privacy. Ed è proteggerla anche se si è ragazzini di scuola media che sono stati promossi con sufficiente buono distinto o ottimo. Per saperlo, adesso i genitori devono recarsi in segreteria.
(voglio la foto delle segretarie alla notizia di questo lavoro suppletivo!).

Dopo qualche giorno, un'altra stella che esplode nel cielo. Si potrebbero reintrodurre i grembiuli a scuola. Così, il 3 luglio, discutiamo di questo? Infatti ne hanno discusso, ci hanno fatto anche i servizi al telegiornale. Vi piacerebbe un grembiule? Si, no, è scomodo, ai miei tempi…
Perché poi reintrodurre il grembiule alle scuole medie? Per tutelare la privacy dei vestiti griffati dei teen agers? E gli insegnanti? Avranno anche loro una divisa, un uniforme da indossare a tutela della loro identità professionale? Oppure a loro sarà concesso dare visibilità al look?
Davvero: a cosa serve un grembiule?
E dei mille problemi che attanagliano la scuola, perché discutere di questo?
Che la giovane ministra abbia una passione per la pedagogia vintage si era già capito a proposito degli esami di riparazione da reintrodurre, poi questa storia del grembiule e adesso il sette in condotta. Per ripristinare la buona educazione, per recuperare l’autorità, per confermare che era tutto meglio quando era peggio. Sette in condotta. Ma cos’è poi questo sette? Il numero dei giorni della settimana, dei peccati morali, della somma delle virtù teologali e cardinali. Sette, dando per dieci il massimo, sette comunque è più della metà.
Nel frattempo, va già in onda la pubblicità dei nuovi zaini. Ce ne uno con l’ipod incorporato, un altro con mille tasche tecnologicamente attrezzate, tutto nuovo tutto moderno per questa scuola che sembra assai tentata dalla vecchiaia.
C’è una estate per pensarci, per vedere fuochi d’artificio, per aspettare settembre. E le novità che verranno.

Ci si vede… scritto sui banchi va in vacanza.

01 luglio 2008

chi recupera chi?

Mi fa una cosa vederli a fine luglio a scuola. Con le collane lunghe lunghe e colorate, le canotte, i pantaloni sotto il ginocchio. Potrebbero benissimo andare a mare, invece no: il loro pessimo rendimento scolastico durante l’anno li ha costretti a cambiare meta. A svernare in aule infuocate con le finestre spalancate, tra lezioni delle insegnanti e il sottofondo del ciabattare delle bidelle, con le infradito ai piedi e gli occhiali da sole per tirare su i capelli.
Unica consolazione: sono in tanti. In tutta l’Italia, uno studente su quattro trascorrerà l’estate sui libri. Ovviamente questa definizione fa molto sintesi giornalistica. Nessuno dei miei studenti trascorrerà l’estate sui libri. Al più: con i libri.
Servono o no questi corsi? Sono più utili alla didattica o all’istanza moralistica che da un po’ di tempo la scuola dice di voler recuperare?
Troppo presto per poter dare un giudizio. Se il recupero funziona davvero lo si potrà vedere nel corso del tempo. Per adesso qualche riflessione con i numeri, una specie di sudoku a uso scolastico.
Insegno storia, due ore alla settimana. Dunque in classe si studia la disciplina per una sessantina di ore. I corsi vanno da dieci a quindici ore. Diciamo che può andare, c’è il tempo necessario per riprendere alcuni concetti, per ripetere meglio, per imparare a gestire una interrogazione. Tanto più che nei corsi si è in pochi e dunque c’è più possibilità di essere incisivi.
Il discorso cambia quando le materie prevedono cinque, sei ore alla settimana. Con l’insegnante di latino, ragioneria, italiano al biennio, gli studenti trascorrono dalle cento alle cento cinquanta ore l’anno. Cosa possono mai recuperare in dieci ore? Un singolo argomento, un aspetto specifico del programma, non l’intera disciplina.
E poi, una cosa sono le insufficienze gravi (2- 3), una cosa quelle lievi (4-5).
Ricomincia, intanto, pertanto, a ramificarsi il mercato delle lezioni private. Perché quella cartuccella inviata alle famiglie, quel modulo prestampato in cui si computano le mancanze del figlio, getta nel panico i genitori, che davvero non sanno cosa fare, come destreggiarsi tra competenze abilità e conoscenze da recuperare. E allora: il giro delle telefonate agli amici e agli amici degli amici. In genere è la mamma che provvede a questo compito, a gestire l’umiliazione di un recupero del figlio, a costruire il copione della spiegazione, condito di piccole bugie e grandi verità: lo sai… la fidanzatina, la professoressa ha messo debiti a tutti, hanno fatto tante di quelle ingiustizie…
E così di malessere in malessere. “Come si chiamerebbero (se ci fossero) i cannibali di proff e proff.a?” mi ha scritto una amica l’altro giorno. Non lo so. Ma non credo ci siano cannibali all’uopo, perchè tutti lo sanno che i prof sono indigesti.
Simmetricamente: “Basta con la scuola per tutti” dicono in tono trionfalistico i miei colleghi, “Non ne possiamo più di queste bande di ciucci”, e di “schiovatelle che vengono solo per i uaglioni” (le schiovatelle però non lo so che cosa sono). Fatto così il discorso è un po’ più chiaro. Il recupero non serve a imparare quello che gli studenti non hanno fatto durante l’anno. Per molti prof è solo uno strumento di sbarramento, una dose di coraggio che rende più facile bocciare – “tanto questo che può mai recuperare?”- un recupero della serietà della scuola, della propria immagine, della propria professionalità. E’ giusto? E’ meglio? Non lo so, non ne sono così convinta. Credo che dobbiamo recuperare anche noi qualcosa. E prima dobbiamo capire cosa.


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