Scritto sui banchi

23 aprile 2008

la festa del libro

Terza ora del mercoledì. E’ la mia ora a disposizione nella biblioteca dell’Istituto. Un’ora bellissima, per il solo fatto di trovarmi in una sala piena di libri tutti da leggere, immersa nel silenzio e persino nella polvere che si trova in tutte le biblioteche.
Dopo le lezioni in classe, la fatica di guadagnare ordine e attenzione, quest’ora di solitudine è una vera e propria oasi. Con i registri dei prestiti da sfogliare, i fogli delle comunicazione da sistemare, e i libri appunto.
Di studenti se ne vedono pochi. Ma quando arrivano con un libro in mano, in genere ne vogliono sempre un altro. Come tutte le biblioteche scolastiche, ci sono un bel po’ di testi einaudi del passato, un po’ di libri nuovi per acchiappare i più riottosi, saggi di psicologia e biografie di storia. Queste ultime praticamente intonse.
Oggi non è venuto nessuno. Proprio oggi: la giornata mondiale del libro e dei diritti d’autore. Un evento firmato Unisco e che si tradurrà in decine e decine di eventi diurni serali notturni in locali, librerie, associazioni. Sembra la data sia stata scelta per la coincidenza di tre morti illustri proprio in questo giorno: William Shakespeare, Miguel de Cervantes e Inca Garcilaso della Vega. Un omaggio, dunque, a tre grandi autori che con i loro libri ci hanno fatto amare i libri e forse, ancor più, ancor meglio, il mondo e gli uomini, i complicatissimi esseri umani, grondanti di passioni, cattivi pensieri, dolcissimi sogni, infinite narrazioni. Anche solo per questo, vale la pena leggere i libri.
Un’altra vulgata – la racconta Luisa Flammia nel volume San Giorgio, la principessa e il drago - però riferisce che la festa del libro cade, emblematicamente, il giorno di San Giorgio. Lui era il classico cavalieredalbiancodestriero, che riuscì ad uccidere il classico drago malvagio che e affamato che stava per mangiare la classica bella e sfortunata principessa. Alfine, non solo la salva, ma le dona anche una rosa. Lei, finalmente a casa, per ringraziare il cavaliere, gli regala un libro.
E da allora, a Silene, il villaggio in cui si svolge la storia, ogni uomo regala alla donna una rosa e lei ricambia con un libro.
Nel frattempo l’ora a disposizione in biblioteca è passata, non è venuto nessuno, di rose nemmeno il profumo. E neanche un po’ di fiamme o di fumo di draghi. Metto a posto i registri, penso che forse avremmo dovuto organizzare anche qui una festa, coinvolgere ragazzi, professori, scrittori. Do un ultimo sguardo ai libri, alla loro mesta disposizione. Mi sembra di sentire i fremiti delle pagine. I volumi hanno voglia di essere presi, di essere letti, di andarsene in giro. Chiudo la porta a chiave: mi sto suggestionando troppo. Entro finalmente in classe: “prendete i quaderni”, dico ai mie alunni.

questa sera però, con gli amici di www.casertamusica.com ci troviamo al caffè del centro in via san carlo a caserta, dalle sette alle nove. l'appuntamento è intitolato: la musica dei libri, i libri della musica.

20 aprile 2008

grandi elettori crescono

Sono finite da poco, le votazioni. Concentrati sui risultati, si dimenticano i processi. Quelli apparentemente marginali, minori, che pure fanno la difefrenza. Come il voto dei ragazzi, degli studenti, ad esempio. Sullo sfondo: da una parte la gerontocrazia della classe politica, con il nuovo (?) premeir che si definisce giovane, dall’altra la giovane candidata della parte avversaria che ha promesso di portare con sé la propria inesperienza.
Prima del voto, la politica sembra non aver resistito alle sirene della giovinezza, con il lifting vero dei politici e il botulino simbolico iniettato nei programmi della campagna elettorale e si è parlato, per brevssimo tempo, di votanti freschi freschi, magari sedicenni.
Sarebbe un atto di coraggio vero, il primo voto a sedici anni.

Prima però alcune osservazioni, guardandoli votare.
A scuola, ad esempio, a inizio anno, in occasione delle votazioni dei rappresentanti di classe, d’istituto e dei rappresentanti dei genitori: si impara a presentare le liste alla scadenza stabilita, a scrivere sugli scatoloni per contenere le schede, a contare i voti, a firmare i verbali. Anche se le schede spesso sono striscioline di carta o fogli prestampati fotocopiati in segreteria.
I rappresentanti di classe e di istituto, sovente sono scelti tra quelli che in campagna elettorale hanno promesso più gite e più giorni di festa, l’analogo della riduzione delle tasse (o ognuno la propria variante di demogogia). La partecipazione è alta, anche se già pochi giorni dopo la vita politica scolastica latita nella quotidianità, le gite non si fanno per mancanza di professori disponibili e alle riunioni istituzionali si registra un progressivo assenteismo che a fine anno raggiunge livelli prossimi allo zero.
I genitori sono un mistero elettorale. Presenti alla materna e alle elementari, scompaiono dalle medie alle superiori, come se gli studenti diventassero politicamente orfani all’improvviso. Mamma e papà alle superiori entrano solo per sapere: mio figlio che voto ha preso?

Loro, i figli, nel frattempo, hanno altro da votare: il tronista di turno, il vincitore del grande fratello, la squadra di amici, il naufrago più figo dell’isola dei famosi. In tv le elezioni subiscono una trasformazione onomastica. Si chiamano: nomitation. E hanno il vantaggio del minimo sforzo, massimo risultato. Basta un sms per sentirsi parte di una comunità, per muoversi agilmente al di qua e al di là dello schermo, per sapere che quello che si sta scegliendo avrà un esito concreto. Sarà per questo che la partecipazione non solo è altissima. Con il vantaggio che ci si diverte pure.
Sanno e vogliono votare, i ragazzi.
Sono altre le cose che ignorano, la politica ad esempio. Prima o poi bisognerà che qualcuno gliela spieghi. Insieme alle ideologie, agli ideali, a quella cosa complessa e delicata che è la democrazia.

10 aprile 2008

Quando un prof entra in aula: in piedi!

Assomiglia ad un’acquasantiera. E tutti ci mettono le mani. Credenti e turisti, sfaccendati e bisognosi di grazia. Poche gocce per sentirsi parte di un mondo immenso e sterminato.
Però le acquasantiere sono state eliminate perché portatrici di numerose malattie.
E con le numerose malattie, forse siamo alla seconda similitudine.
Tutti hanno qualcosa da dire a proposito di scuola. Come un’acquasantiera, insegnanti e ministri, genitori e alunni, docenti universitari che a scuola mancano da almeno quarantenni anni e bidelli: ognuno ha una diagnosi e una ricetta. Questa settimana la scuola appariva sui due principali giornali accompagnata dall’aggettivo “catastrofe” (Mario Pirani su Repubblica) e “disastro” (Gian Antonio Stella sul Corriere). Sono ancora i dati preoccupanti sull’ignoranza scientifica dei nostri studenti a tenere banco, ma anche i continui episodi di bullismo, la pessima situazione edilizia delle scuole, la preparazione dei docenti. E non un partito che affronti il tema in campagna elettorale: si vola alto con malpensa, si precipita il basso con la diossina e le mozzarelle. La scuola può aspettare, “i problemi sono ben altri”.
E a sorpresa spunta un suggerimento da un autorevole uomo di governo: ricominciamo a far alzare gli studenti dal banco quando si alza l’insegnante.
In piedi! Seduti! Sembra una boutade, ma è una frase che ha fatto discutere. Quali trascorsi scolastici evoca? Quelli in cui i prof erano rispettati, profondamente rispettati, e il gesto di alzarsi era uno dei tanti segnali di deferenza? E’ questo che vogliamo?
In piedi… da me quando si alzano, fanno tanto di quel rumore con le sedie che io poi sono costretta a implorarli: seduti, seduti.
E’ come se a fronte di numerosi e profondi errori linguistici, qualcuno dicesse: ricominciamo dall’andare a capo dopo il punto. E il resto? Le e con o senza accento, le a con e senza l’acca, le doppie, i condizionali e congiuntivi in stato comatoso da decenni?
Sì, ma intanto da qualche parte bisogna ripartire. Dall’andare a capo dopo il punto.
Se solo pensassi che la ricetta può funzionare, l’adotterei subito. Ma a che serve una trasformazione così limitata, parziale, tarata su un piccolo gesto che poi è contraddetto da tantissimi altri? L’educazione è così complicata, e soprattutto rispecchia una visione così complessa che non può risolversi con un solo singolo gesto. Neanche per incominciare.
Cosa succede poi quando il prof esce dall’aula? Seduti o in piedi?


My Photo
La scuola è un racconto. Scritto sui banchi continua sul web ogni settimana. Con storie, immagini e dialoghi.

Alice.it - Gli appuntamenti con libri
My Photo
Marilena Lucente: insegnante

Per saperne di piu'
Ancora del Mediterraneo
Caserta c'è
Caserta Musica
Gero Mannella
Luisella Bolla
Valerio Lucarelli

Powered by Blogger