Scritto sui banchi

21 ottobre 2008

la voce del padrone

Un’ora sola, da sola in classe. I miei alunni hanno fatto festa in massa e io mi chiudo nell’aula a sistemare i registri. E’ strano il silenzio, a scuola. Infatti, poco dopo incomincio a sentire le lezioni dei miei vicini. Un collega e una collega, classe destra e classe sinistra. Sento gli appelli in stereofonia. E’ la prima ora è già urlano. Una gli sta facendo una ramanzina, “perché la scuola….”, devono aver fatto qualcosa di davvero grave. Ma cosa? cerco di ascultare al di la del muro ma non ci riesco. Il professore ha incominciato la spiegazione ed è dotato di una bella voce stentorea, le sue parole diventano degli acuti di tanto in tanto, come se nel tono con cui pronuncia le parole ci fosse un rimprovero. Dopo un po’ anche l’altra ha smesso di rimproverare e spiega, ma continua a essere arrabbiata. “Allora?” urla. “Allora?” Le voci degli alunni non si sentono, la sua voce si fa più pesante quando qualcuno si muove.
Bel tirocinio questo. Sentire di nascosto la vita scolastica al di là del muro. L’impressione è quella di una guerra: venti contro uno. “Allora?” urla di nuovo. Mi è sembrato di sentire qualche parola sull’uguaglianza. “Allora!”. Uno contro venti. La richiesta di attenzione contro l'eseibizione della distrazione.
La voce, di qui, è quasi più importante dei contenuti. E infatti lei riprende a strillare loro a sussurrare. Cosa resterà loro del concetto di uguaglianza appreso in questa lezione. Un bel mal di testa, di sicuro.
Sulla questione dell’alzare la voce mi sono già confrontata con altre colleghe: lo sanno tutti che gli insegnanti quando si incontrano finiscono sempre per parlare di scuola.
Da loro due diverse, opposte strategie. Una aggiunge, l’altra toglie.
La collega numero uno è una maestra old style, leggenda vivente di severità, un faro pedagogico a cui guardo da lontano, molto lontano, con infinita voglia di imparare.
Una sua allieva di prima elementare all’inizio dell’anno scolastico proprio non ne voleva sapere di restare in classe: AAAAAAAHHHH, ha urlato il primo giorno. AAAAAAAHHHH, ha urlato il secondo giorno. Terzo giorno mo ti sistemo io, dice la maestra, non lo sai che con me nessuno osa fiatare? (Caspita se lo sa, per questo grida).
AAAAAAAHHHH, la bimba entra in classe.
AAAAAAAAAAHHHH, risponde la maestra mettendola sulla cattedra.
AAAAAAHHHH, urla la piccina.
AAAAAAAAAHHHHHH, replica la maestra.
AAAAHHH, urla la uaglionecella.
AAAAAAAAAAAAHHHHHHH, incalza la maestra.
Aaaaahhhh, continua piano la creatura. Sempre più piano sempre più piano aaahh.
Alla fine - mi riferisce orgogliosa la paladina della pedagogia del terrore - la bambina non ha urlato più”. Sì, ma riusciva a parlava almeno avrei voluto chiedere. Ma a quel punto non avevo più il coraggio di proferire parola.
Collega numero due. Insegna all’università, spiega mediamente a cento alunni per lezione. Una lotta impari. In più usa spesso la lavagna, quindi è costretta a girarsi spesso per le tracce degli esercizi e non ha modo di controllare visivamente i ragazzi . Appena alzano la voce lei l’abbassa. Loro bisbigliano, lei sussurra, loro si soffiano le parole nell’orecchio, lei usa il labiale. A questo punto, forse prima di questo punto, i ragazzi tacciono e lei ricomincia la lezione con una voce da soprano. Sino al successivo mormorio.
Noi prof il silenzio lo vogliamo e lo pretendiamo: con le buone o con le cattive. Nella buona e nella cattiva sorte. Siamo noi che dobbiamo parlare. E talvolta facciamo delle bellissime lezioni sull’importanza dell’ascolto. Strategia numero uno o numero due?
Esco dalla classe prima che suoni la campanella, non sopporterei il vocio del cambio d’ora. Passo davanti ad un aula che ha le finestre aperte. La professoressa sta leggendo un libro con un tono assolutamente normale, tutti i ragazzi la stanno seguendo. Sembra così facile, naturale. Non ci sono tattiche, strategie. Ci sono parole. Che risuonano di qualcosa di speciale: interesse, rispetto, stima. Questo si sente, e fa la differenza.



(su saviano ci ritorno presto. nel frattempo ho scritto qualcosa su www.casertamusica.com)

2 Comments:

  • " AAAAAAAHHHH
    AAAAAAAAAAHHHH
    AAAAAAHHHH
    AAAAAAAAAHHHHHH
    AAAAHHH
    AAAAAAAAAAAAHHHHHHH
    aaahh "

    Di quale stupenda figura retorica si tratta , Professoressa Lucente ?

    Da Blogger -clicky-, alle 21 ottobre, 2008 09:58  

  • ma volendo possiamo considerarla una figura retorica fonetica, nello specifico una onomatopea. Nell'onomatopea le parole vengono utilizzate in modo da ricreare l'imitazione di un suono o di un rumore naturale. ma considerando la ripetizione ad inizio verso possiamo parlare anche di anafora.

    Da Blogger Marilena Lucente, alle 21 ottobre, 2008 18:09  

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