il ritmo della gita scolastica
Adesso no, non voglio più difendermi, supererò dentro di me gli ostacoli, i miei momenti più difficili… Le gite scolastiche sono prima di tutto questo: la musica che si sente in pullman. Una colonna sonora inventata chilometro dopo chilometro, ora dopo ora. Scivolando lungo l’autostrada, l’euforia dei primi momenti si mescola alla noia dell’appello ripetuto ogni salita e discesa, insieme alla inutili raccomandazioni. La musica è indispensabile. There is no reason, there’s no rhitme, it’s no cristal clear…Un continuo via vai tra i ragazzi seduti nell’ultima fila – i primi posti ad essere occupati e contesi – e la postazione dell’autista per stabilire cosa ascoltare. Mettete questo, mettete quest’altro. I cd si accumulano, insieme alle proteste, alle proposte, ai pareri discordi. Però alla fine c’è sempre un brano che vince su tutti. Stamattina tocca a Ramazzotti scaldare i motori.
Ho camminato sui pensieri ripidi… Prendono nuove forme vecchi legami, si accendono gli sguardi e si infiammano le curiosità. Le gite scolastiche sono avventure dentro le amicizie, incursioni verso i territori misteriosi dell’amore, vagabondaggi tra conoscenze superficiali e incontri occasionali. Si litiga, si pace, ci si ignora. Accade di tutto, in pochi giorni.
Gli itinerari ufficiali vengono sovrascritti con qualcos’altro. In discoteca. I miei ragazzi vogliono andare in discoteca. Dal primo momento. E gli importa poco di casa Leopardi e della piazzetta del sabato del villaggio, dove sono assiepate decine di studenti di tutta Italia sfatti dal caldo e dalla stanchezza. E’ alla discoteca che pensano attraversando i corridoi del castello, sulla soglia della stanza in cui Paolo e Francesca leggevano il libro galeotto prima di darsi quel bacio appassionato. Le guide parlano parlano e noi prof ci schiacciamo contro il muro, per non perderci gli studenti, ma soprattutto perché abbiamo pietà di quelle guide colte e appassionate che saltellano nei luoghi della storia e della cultura inciampando tra disattenzione e battute dissacranti dei nostri ragazzi. Sono stanca, prof. Ho fame. A che ora torniamo in albergo? Una lunga catena di domande ci rende dispenser di informazioni e rassicurazioni.
Quest’inverno finirà…Per fortuna ci prende una stanchezza esagerata che non lascia spazio a nessuna riflessione, a nessun pensiero del tipo: chi me lo ha fatto fare? E poi ci sono le foto da fare, con tanto di abbigliamento sportivo e occhiaie di ordinanza. Sorrisi da esibire e felicità degli abbracci. Ecco chi me lo ha fatto fare! Conoscersi in quattro giorni più e meglio che in quattro mesi di scuola. A partire da quello che si tira fuori dai trolley: lucidalabbra e asciugacapelli, scarpe col tacco a spillo e confezioni di merendine. (Ho cercato invano un libro, una rivista, un quaderno tra i 46 ragazzi del mio gruppo. Forse mi sbaglio, forse l’hanno tenuto nascosto, ma io non ho trovato neppure l’ombra di materiale cartaceo. Ad eccezione dei fazzolettini di carta e delle salviettine struccanti). Occhiali da sole e telecamere, maglioncini e fotografie dei fidanzati. Un puzzle di vita adolescenziale impossibile da ricomporre. Come sempre, sorprendente. Alle tre di notte, mentre con un collega giravamo per i corridoi, una ragazza ha aperto la porta di una stanza - assai affollata in verità - e ci ha chiesto: “lo volete il caffè? L’ho fatto mo’ mo’”. Sul comodino la moka, il fornellino elettrico e una confezione di kimbo. In più, un odore irresistibile. Lampi nel silenzio siamo noi. I belong to you, you belong to me, you are the wind that’s underneath my wings… Non ce ne siamo neanche accorti e siamo già sul pullman per il ritorno.
2 Comments:
Apprendo da questo suo post che non si è trattato di una gita fuori patria. È inconcepibile assistere a emigrazioni (che durano anche più di un giorno) verso Praga, Parigi o altre capitali europee, quando alle comitive di studenti gitanti basta una città giovane, che offra più divertimenti che monumenti, e che li porti a evadere momentaneamente dalla realtà scolastica routinaria.
Da -clicky-, alle 04 maggio, 2006 19:53
i viaggi di istruzione - io continuo a chiamarli gite - sono esperienze importanti della vita scolastica. a volte la meta è importante. un luogo riesce a parlare più di tanti libri messi insieme. a volte invece è l'esperienza del viaggio che conta, proprio il macinare chilometri. succedono delle cose in gita. legami speciali, che a scuola non avresti mai vissuto. quanto a più divertimenti che monumenti...magari si possono accorciare le distanze e cercare monumenti divertenti. è un'ipotesi.
però, te lo dico nell'orecchio, il momento più bello della mia gita è stato il pomeriggio a mirabilandia! il tornado è davvero fantastico. provare per credere.
Da Marilena Lucente, alle 22 giugno, 2006 00:36
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