Scritto sui banchi

18 marzo 2006

niente scarpette, per punizione


Bella paffuta, con le lentiggini e gli occhi che ridono. Martina. Otto anni seconda elementare. E’ uscita dal bagno e qualcuno ha fatto la spia. Sicuramente qualcuna di un'altra classe. Perché lei, appena è rientrata (appena, parola grossa: dopo aver fatto, lentamente, il doppio giro del corridoio) è stata bruscamente rimproverata dalla maestra. E quel sorriso segreto, largo largo nel cuore, si è spento e non è comparso più. “Cos’hai in tasca?”. Silenzio denso, profondo. Stringe il pennarello di sua sorella, l’uniposca rosso, quello che scrive dappertutto, stretto tra le dita. “Niente”. Intanto un nodo le stringe la gola e in quei pochi sprazzi di lucidità si chiede chi può essere stato. “Perché hai scritto quelle cose?”. Le parole della maestra sono proiettili. Si conficcano dentro i pensieri e non le permettono di rispondere. “Maestra, stronza sta scritto su tutte le porte del bagno. Alessandra era stata mandata in un giro di ispezione. Proprio lei dovevano mandare a controllare! A Martina fa rabbia che la compagna sia così orgogliosa del ruolo, il suo rimprovero rimbalza su quella dell’amica (amica, poi) e diventa una lode. Magari lo scrive pure sul quaderno. Ottimo con lode, perché è andata in bagno a controllare se era vero che una bambina della II A era andata in bagno e aveva scritto le brutte parole.
Era vero, e l’unica bambina della II A che in quel momento si trovava in bagno era lei, Martina . “Grazie, Alessandra, vai a posto. E non dire le parolacce”. “Non le ho dette, le ho lette”.
“A me mia madre non me le fa dire”. “Io se le dico perdo cinquanta centesimi sulla paghetta”. “Io le dico e pure mio padre e pure mio fratello. E facciamo la gara a chi ne sa di più”. “Azz! che bella famiglia!” risponde Luca, che ha ciccia e saggezza da vendere. La maestra non riesce a governare le frasi che si aggrovigliano e si annodano. Tutti parlano. Solo Martina non dice niente. In silenzio.
La mattina dopo non ha più le scarpette firmate. E’ in punizione. Niente scarpette firmate per un mese. Ma queste qui blu che fanno pure male. Tutta la mattinata a guardarsi quei piedi brutti dentro le scarpe brutte.
Perché mamma ti ha messo in punizione? Chiede la maestra, che sa benissimo il perché – perché della punizione ma non perché la signora Arciello abbia scelto proprio quella punizione – ma vuole che Martina lo dica ai compagni. “Perché ho avuto la nota che ho scritto le parolacce sulle porte dei bagni”. L’avuta lei la nota di biasimo, non Alessandra quella di lode. Oggi parla Martina. Ieri il suo silenzio aveva l’effetto di rendere le domande della maestra ancora più insistenti e fastidiose. Anche se ancora non riesce a parlare alzando la testa. Solo quando la maestra chiede di nuovo: “Perché lo hai fatto?” non sa veramente cosa dire. Con la coda dell’occhio però ha visto la sua compagna di banco che le fa un segno. Tira fuori la punta di un pennarello dalla manica del grembiule e lo mostra a Martina. Oggi vado io, dice facendo più smorfie che lettere dell’alfabeto segreto. Martina sorride e la compagna, pensando sia un cenno d’intesa, chiede alla maestra di uscire. “Si, vai… Allora Martina, perché?” continua la maestra. Quel pennarello non scrive sulle porte, pensa Martina scuotendo la testa. E continua a non rispondere.


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