Scritto sui banchi

24 maggio 2006

tifoso juventino, te che fai?


“In questa casa è arrivato un bambino juventino”. Gianluca è nato con il destino segnato. Invece del fiocco tradizionale, suo padre ha voluto per lui una coccarda bianconera. Ovviamente non esisteva in commercio, l’ha fatta confezionare da una sarta utilizzando come modello quello azzurro dei miei bambini. L’ha tenuta per un mese sul battente della porta. Il bambino juventino, va da sé, è cresciuto tra pappe e partite, si è addormentato ascoltando radiocronache e si è svegliato di soprassalto dalle urla lanciate per una palla finita in rete. Urla di mamma e papà. Entrambi tifosi. Solo che lei ha smesso di andare allo stadio. “Per adesso”, giura. Gianluca ha ancora cinque anni. E’ probabile che “goal” sia stata la prima parola pronunciata dal piccolo pargolo bianconero. E insieme a “goal” sono arrivate altre emozioni. Dirette e rotonde come una palla. Scalciata nel cortile già a tre anni. Per farsi gli amici, per sfogare la rabbia, per segnare un punto nel mondo.
Le incitazioni, le esortazioni, le urla - per i goal mancati, per quelli riusciti, per i rigori, per gli arbitri – continuano a far sobbalzare Gianluca. Di domenica, di mercoledì. A volte tutta quella muina lo coinvolge, altre volte lo infastidisce. Però è e resta un bambino juventino.
I miei figli sino a qualche mese fa di calcio non sapevano niente. Le partite per loro si giocano solo in tv. Vengono degnate di uno sguardo veloce, giusto il tempo di cambiare canale. Ad un certo punto, tra le canzoncine imparate a scuola si sono infilati i primi cori da stadio: “Chi non salta è milanista! Oh! Oh!” . “Alessandro ma lo sai che vuol dire essere milanista?” Gli chiedo stupita mentre lui saltella su e giù dal marciapiede. “No. Però Federico dice che il Milan fa schifo”. E giù tutta una ramanzina sul tifo, sul rispetto da riservare ai tifosi, sulla bellezza dello sport sano. La settimana dopo al ritorno da una festa: “Chi non salta interista è! Oh! Oh!”. “Ma allora quando mamma parla tu non la capisci”. “Sì, però in questi giorni ho litigato con Federico”.
“Te che fai?” mi dice il piccolino, per guadagnare spazio nella discussione. Te che fai che? Penso tra me e me. “Io ho staccato, te che fai?” replica il fratello con cadenza romana. Almeno questa volta ho capito. E’ Totti che fa strage di cuori tra i ragazzini. “Mamma posso essere della Roma?”. Questa domanda fa deragliare i miei pensieri dalle mille cose da fare della giornata. “Il papà di Gianluca ha detto che bisogna essere sempre juventini. Anche adesso. Però forse è meglio essere della Roma che vince e non si compra le partite. Tu che dici?”. Che non lo so. Direi che puoi essere della squadra che vuoi. più o meno. Sento discutere i miei alunni per farmi un’idea. C’è chi dice che la squadra del cuore si ama sempre. Quando perde, quando retrocede, quando tutto. Perché loro guardano solo al calcio giocato. Dall’altra parte ci sono i ragazzi che vanno giù duro. Certo che si può accettare tutto. Tutto quello che avviene in campo. Non nelle sedi della dirigenza, nelle banche, nelle stanze del potere. “Però professorè pure era bello quello striscione: “Moggi telefona ai miei professori e fammi cambiare la pagella”. Si potess fa?”.

2 Comments:

  • ciao professoressa,siamo Di Bona Simona e Pagano Roberto della 4 A Chimica dell'industriale dell'anno scorso.Vi ricordate di noi?Abbiamo letto il libro,è bellissimo.Ma che ci fate vede'professore'?Vi fate fotografare vicino a Costantino?Noi finalmente siamo arrivati alla fine della scuola (anche se finira' male,ma comunque finira')e siamo inguaiati.Un saluto da tutta la classe.ciao

    Da Anonymous Anonimo, alle 25 maggio, 2006 09:59  

  • cari inguaiati... grazie per i saluti. e perdonate il ritardo. ci sono stati un po' di cambiamenti nella mia vita in questi ultimi tempi. compresa la postazione del pc. per questo non ho potuto rispondervi prima. comunque nel sito ci sono tante cose da leggere e da vedere. la vostra attenzione si è concentrata su una sola foto. e questo dovrebbe far riflettere voi più che meravigliare me. ciaociao.
    (io mi ricordo di tutti i miei alunni...)

    Da Blogger Marilena Lucente, alle 22 giugno, 2006 00:25  

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