Scritto sui banchi

08 marzo 2007

di due mazzi di mimose dimenticati sul mobile


Ha spinto il tavolo sotto il muro, ha messo una sedia sopra e ci è salita. O meglio, ha tentato si salire, di arrampicarsi, e la sedia è caduta. Quando mia zia è arrivata l’ha trovata trafelata, ma ancora ci stava riprovando. Con la pila stretta in mano. Impaurita e determinata.
Mia zia ha urlato dallo spavento e lei ha gridato di rimando. Immaginavo la scena che mi era stata raccontata a telefono. Ci ripensavo ogni tanto, anche mentre ero in classe e spiegavo. Sorridevo dentro di me. Mia nonna è sempre stata un po’ pazzariella. Certo, a 89 anni, costruire una montagnola di mobili in cucina, e solo per cambiare la pila all’orologio… devo riconoscere che ha un po’ esagerato. Però anche loro, le figlie, hanno montato un caso su questa storia. Nel corso della mattinata ho approfittato di ogni cambio d’ora per sapere come stava procedendo la mega riunione familiare, che vedeva tutti i parenti coinvolti, vicini e lontani. Come si può fare? Cosa si può fare per farle capire che certe cose non le deve fare?
“Ma io non ci arrivavo”, protestava lei. Infatti. La vecchiaia l’ha resa sempre più piccolina. Adesso sarà alta un metro e venti, un metro e trenta. Una sorta di silenziosa erosione ossea, che però non ha scalfito affatto il suo carattere, la sua forza incredibile nel volere e nel fare le cose.
Tra l’altro in cucina c’è comunque l’altro orologio che funziona. Quello rotondo con la gallina e i pulcini che si abbassano allo scorrere dei secondi. Me lo ricordo praticamente da sempre, su quel mobile. Però l’altro, quello a parete fa più rumore, e sono convinta che lei volesse sentire il ticchettio più che guardare l’ora. Il tempo è la compagnia dei vecchi. Non importa dove va, il tempo. Importa che ci sia. Non importa solo riempirlo, importa che lui riempia te.
Capisco che si siano tutti arrabbiati. E’ stata davvero spericolata, ma non più di altre volte. Anche se che ha collezionato più di un capitombolo da questa estate ad ora. Ruzzoloni per le scale, piccole cadute, qualche storta. Oramai è uno scoiattolo. Cade e si rialza. Dopo un po’ ci fa vedere le croste. Quando tutto è finito. A me piace così. Mi sembra sempre e comunque piena di vita.
Mia zia le ha lasciato le mimose sulla credenza. Non ha avuto più voglia di dargliele. Si è troppo arrabbiata. A me può piacere. Ma poi di fatto è lei che le sta vicino. E deve prendersi cura, portarla al medico, procurarle le stampelle, i trabiccoli con cui si aiuta a camminare. Ha ragione. Alla fine anche io, tra una telefonata e l’altra, tra le decine di sms dell’8 marzo, ho dimenticato di sistemare i fiori nel vaso. Però mi è sembrato così bello, così significativo quel gesto di mia nonna. Mio figlio rileggeva il dettato della maestra: nell’800 le donne incominciarono a ribelarsi... “Due b e due l, a mamma”. La ribellione non è mica solo quella custodita nei libri di storia, pensavo. La ribellione è quella di tutti i giorni. “E conquistarono la libertà. ancora oggi però in molte parti del mondo ci sono donne oprese”. “Due p e due s, correggi…”. Quando imparerà le doppie? Mi chiedo con leggera apprensione. Voglio sperare prima di quando noi impareremo a pensare che queste parti del mondo non sono poi così lontane. Che le donne di cui parla il dettatino del bambino vivono accanto a noi, nei cortili dove danno i cibi ai gatti, nelle scuole quando le frequentano di malavoglia, nelle strade dove hanno paura di camminare da sole, nelle case dove dimenticano quanto è bello e importante poter essere ascoltate. E quello che resta è almeno sentire il tempo. E metterci dentro tutto quello che hanno dentro.


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