Scritto sui banchi

18 dicembre 2005

Avvolto nel celophane


Arriva, arriva. Inesorabile. Il Natale. E ad alcuni piace sempre meno. Una festa fatta di stelle dorate e fiori rossi, offerte di panettoni farciti e babbonatali a farci la posta. Quest’anno poi si arrampicano. Si porta così: senza renne, appesi alle finestre, sulle scale, abbarbicati ad una corda, in bilico su una altalena. Sale Babbo Natale, e spinge in alto il nostro sguardo. Sfiorando facciate e balconi. Sfidando il vento e la pioggia. Sagome ingombranti che punteggiano le consuete prospettive visive. Felicità surrogata. Plastificata. Impacchettata ed esposta in vetrina. Compilation di astrodelciel, wonderlfulword e scampanellii di renne in cd taroccati. Giri per i regali che mandano fuori giro.
Per chi è a scuola: poesie da ricopiare sul cartoncino, leggende di Natale da raccontare, alberi da addobbare nel corridoio, presepi da realizzare in sezione. Bellezza della scuola dell’infanzia e della scuola elementare dove muri e finestre trascrivono brani di realtà, si sintonizzano con i mesi dell’anno, con il tempo che passa, i frutti che porta, i segni della natura e quelli degli uomini. Una scuola capace di aprirsi al mondo e di accoglierlo, di nutrirlo e di raccontarlo con i disegni, le letture, i colori, la ceramica e la plastilina.
“L’albero di Natale/è fatto di palline/di luci e musichine/di doni e candeline. / Ha nastri fiocchi/ e piccoli angioletti…”. Intere settimane per imparare catene di versi, porzioni di pomeriggi dedicati alle poesie. Testi ripetuti per il piacere di sentire e risentire la propria voce, di scoprire nuovi significati dentro le stesse cose, di seguire imprevedibili associazioni tra parole, oggetti e sensazioni. Brevi esordi di un apprendistato poetico che forse, si spera, potrà continuare in seguito.
“Finito l’assegno”, lo sguardo dei piccoli si posa sui cataloghi dei giocattoli dei supermercati, oramai diventati riviste da decine di pagine che ingolfano la casetta della posta e la pazienza dei genitori. Un universo merceologico scintillante (e infinito). La letterina a Babbo Natale è un elenco della spesa lunghissimo distribuito con economica lungimiranza tra i familiari. L’altro giorno fuori le scuole elementari hanno distribuito un cartoncino a righe con una traccia tipo: scrivi una lettera originale a Babbo Natale chiedendo qualcosa di buono per il mondo.
Un’idea meritoria, partita però da un megastore alla periferia di Caserta, la cui foto campeggiava sul retro del foglio. Un megastore che poi avrebbe raccolto e premiato i testi degli studenti.
Bontà avvolta nel cellophane. Declamata da babbonatali promoter e animatori, ragazzi e ragazze disoccupate che aspettano la festa per lavorare. Bontà buona e rassicurante. Come la beneficenza di questo fine settimana, fatta regalando un paio di euro dal telefonino guardando la tv. Bontà in confezione risparmio. Magari con un gadget in regalo: un palloncino con la scritta di una fondazione, una bambola di stoffa per fare del bene a tutti i bambini del mondo. Bontà che non ci dovrebbe bastare. Almeno a Natale.


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