Scritto sui banchi

31 dicembre 2006

spettacoli di natale

R di recita. Spettacolo di poesie musiche e dialoghi, interpretati dai bambini, sotto l’apprensiva regia delle insegnanti. Nell’abbeccedario delle emozioni scolastiche, la recita è un’esperienza scritta con lettere di fuoco nel cuore e nella mente di ogni piccolo alunno. Piccolo, già. Perché la recita dopo la quinta elementare non si fa più. Certo dopo ci sono i progetti teatrali, i musical e persino le operette. Ma non è la stessa cosa. Non c’è più l’intera classe che partecipa, i genitori che preparano i vestiti a casa, che si assiepano lungo i corridoi della scuola e si fanno venire il torcicollo pur di strappare uno straccio di visuale per ammirare il loro pargoletto.
Io la mia recita, almeno l’ultima, me la ricordo benissimo. Interpretavo “La lettura”, che incontrava un bambino per convincerlo ad amare i libri. Il bambino però era interpretato, splendidamente, dalla mia amica Daniela: in classe eravamo tutte bambine, dunque per i ruoli maschili facevamo al rovescio, come gli attori della Commedia dell’Arte per le parti femminili: molto trucco, tanta fantasia degli spettatori. (Questa similitudine però lo scoperta dopo). Dunque interpretavo “La lettura”. E più che il palco, il pubblico dei compagni e delle insegnanti di tutta la scuola, le mie emozioni erano legate soprattutto al vestito. Una lunga gonna bianca su cui erano state disegnate appunto delle copertine dei libri e una mogliettina colorata. Casa mia, interno sera. Una scena che, già mentre la vivevo, mi faceva venire in mente la mamma di Arlecchino che nottetempo cuce a suo figlio l’abito multicolore. Come la madre della famosa mascherina, anche la mia si era ridotta all’ultimo minuto. E aveva chiesto, giusto il giorno prima, a mia zia Anna di farmi il disegno sulla gonna. Lei l’avrebbe cucita DOPO! Ero terrorizzata dall’idea di fare la recita senza l’abito di scena. Invece, come per Arlecchino, anch’io il mattino seguente - seguente ad una notte insonne – ero sul palco, con Daniela e tutte le altre compagne. A fare la recita, a prendere applausi senza fine.
Mia suocera è più organizzata. Ha cucito a Paolo il vestitino da stellina due settimane prima. Con la stoffa gialla di raso, gli ha messo i fili dorati ai polsi e i bottoncini di madreperla. L’ho stirato con commozione, attenta a non rovinare niente. L’ho riposto nell’armadio sotto il cellophane in attesa del fatidico giorno, mentre Paolo si sfiniva di prove. E proprio per questo ha deciso di cambiare ruolo. Voleva fare l’albero come “i macchi”, perché le stelle sono femmine. Gli “alberi maschi”, apprendo in questa occasione, sono vestiti con i pantaloni marroni e la maglietta verde. Poi le insegnanti applicheranno le stelle (a mamma, le stelle ci devono stare per forza, anche se sono femmine) sul petto e le frange ai polsi. Tutto di carta, già ritagliata dai bambini. Ahhh!, facile però. Ovvio che una settimana prima della recita, tutti i negozi nelle vicinanze della scuola e di casa mia hanno esaurito i pantaloni marroni e la maglietta verde. Giro giro giro e alla fine rimedio un pantalone verde marcio che dà sul marrone e una maglia verde acido. Il tutto rende il mio piccolo un albero psichedelico. Ad ogni buon conto, la notte prima, da bravi genitori, abbiamo messo in carica la telecamera. (continua)

1 Comments:

  • prof il testo è molto simpatico, tra l'altro vostro figlio non ha tutti i torti nel vedere la stella come simbolo femminile!!!anche io ho ancora conservato il vestitino della mia prima recita alla scuola elementare e vi confesso che non mi piaceva molto difatti non mi ci vedevo proprio nel ruolo dell'agnellino...vebbè capita avrei preferito fare(la parte del lupo ah!ah!ah!scherzo)quella di Maria.un bacio buona serata.

    Da Anonymous Anonimo, alle 19 gennaio, 2007 19:04  

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